La movida romana miete un’altra vittima. «Non sappiamo perché l’abbiamo fatto», ha continuato a ripetere Manuel Foffo, 29 anni, un padre imprenditore tra i più in vista di Roma, quando gli investigatori, entrando nel suo appartamento in via Igino Giordani (Collatino), hanno trovato il corpo martoriato e senza vita del 23enne Luca Varani, morto probabilmente da venerdì sera.
Lo scorso giovedì la vittima, di nazionalità jugoslava ma adottato da una famiglia romana, era stata invitata a uno dei festini a base di droga e alcol organizzati da Marco Prato, organizzatore di eventi, nell’appartamento al decimo piano di proprietà di Foffo, nel quale viveva da solo perchè la madre, separata dal marito, abitava al piano di sotto.
Poi, almeno secondo la prima versione data agli inquirenti, totale blackout sulle successive 24 ore: non si sa come, né perchè, Manuel si sveglia sabato mattina con i postumi dell’after party ancora in corpo e va al funerale dello zio. Alla benedizione della bara “rinsavisce” e chiede aiuto al padre, che chiama il 112. I soccorsi trovano Luca Varani nudo sul letto, con la testa sfondata, segni di strangolamento sul collo e ferite su tutto il corpo.
Il bandolo della matassa molto ingarbugliata sta probabilmente nel fatto che sarà da indagare il motivo per cui Varani, con il nome della propria ragazza tatutato sul braccio, che condivideva sul suo profilo Facebook post come “Dio creò Adamo ed Eva, non Adamo e Claudio”, sia finito in un festino in un appartamento privato con due ragazzi, di cui uno noto perché organizzava eventi gay. Anche per questo, la versione dei due arrestati non sembra convincere gli investigatori.
Alla fine, sembra abbia riferito Foffo, “dopo avere assunto quasi dieci grammi di cocaina, io e Marco abbiamo siglato un patto, decidendo di uccidere qualcuno. Abbiamo chiesto a Luca di raggiungerci a casa mia. Non so perché lo abbiamo fatto, eravamo in preda al delirio”.
È Manuel che tra le mura della caserma di Piazza Dante, fa il nome dell’organizzore e compagno di serate Marco Prato, che viene rintracciato in fin di vita nella sua camera dell’Hotel San Giusto (Piazza Bologna), a causa di un cocktail quasi mortale di alcol e barbiturici. Al momento si trova in ospedale sorvegliato a vista.
«Avevo appena perso mio zio, morto in ospedale, gli ho chiesto (a Prato) se potevamo passare insieme un po’ di tempo» ha dichiarato Manuel agli investigatori che hanno sequestrato nell’appartamento al Collatino coltelli e un martello come probabili armi del delitto. Prato e Foffo sono entrambi accusati di concorso in omicidio volontario, ma si aspettano i risultati dell’autopsia, che forse potrà illuminare sulla dinamica della tragica e per adesso inspiegabile, morte di Luca.
P.M.
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