Nato a Jimma, in Etiopia, nel 1943, Mulatu Astatke ha scritto alcune delle pagine più significative di quel genere, di cui può considerarsi a buon diritto uno dei padri fondatori, ormai comunemente noto con il nome di Ethio-Jazz. Vibrafonista dotato di grande eleganza e raffinatezza, percussionista e polistrumentista, Mulatu ha studiato a Londra, New York, Boston ed è stato il primo artista africano a diplomarsi al Berklee College of Music.
Nel corso della sua lunga carriera ha avuto l’opportunità di suonare al fianco di mostri sacri quali Duke Ellington e Mongo Santamaria e a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 ha iniziato a pubblicare i primi album a suo nome, la maggior parte dei quali incisi per l’etichetta Amha Records. In seguito, però, per motivi che ad oggi ci appaiono assolutamente incomprensibili, anche se sappiamo che questa è stata sorte comune a molti grandi jazzisti (ricordiamo solo con questo accenno le pur differenti vicende umane di Henry Grimes o di Charles Gayle), la produzione artistica di Astatke per molti anni è passata quasi inosservata, come dimenticata. Fondamentale per riportarla alla luce è stato un altro caso del destino, questa volta fortunatamente di segno opposto: il regista Jim Jarmusch sceglie infatti di inserire alcune sue composizioni nella colonna sonora del film “Broken Flowers”, interpretato da uno straordinario e stralunato Bill Murray e vincitore del Gran Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes del 2005. Le collaborazioni con l’americana Either/Orchestra prima, e con i londinesi Heliocentrics più recentemente, hanno fatto il resto. Restituendoci finalmente l’opera di un grande maestro. Ritmi afro, aperture free e atmosfere ipnotiche che avremo la possibilità di riascoltare dal vivo il 21 giugno a Roma, a Villa Ada, a soli tre mesi dall’ultima data capitolina del 10 marzo scorso all’Auditorium Parco della Musica. Assolutamente da non mancare.
Discografia consigliata:
“Inspiration Information”, “Timeless”, “Steps Ahead”
Agli amanti del genere mi permetto di suggerire vivamente tutta l’eccezionale collana Ethiopiques e l’ascolto di un altro monumento vivente della scena jazz africana: il sassofonista Getatchew Mekuria (il suo ultimo lavoro al fianco degli olandesi The Ex è, senza mezze misure, un autentico capolavoro).
Riccardo Ruggenini
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