Scrivere: una necessità. Così diceva Sebastiano Vassalli, autore emblematico del novecento, morto questa notte in ospedale all’età di 73 anni. A maggio di questo stesso anno aveva ricevuto la candidatura al Premio Nobel per la Letteratura e su di lui era già stato elaborato un fascicolo da sottoporre all’analisi dell’accademia di Stoccolma.
Lui stesso si definiva un “viaggiatore del tempo”, perché i suoi romanzi avevano attraversato le epoche e la storia. Vassalli infatti diceva di voler investigare il passato per comprendere l’inquietudine del mondo presente. Riusciva così a raccontare storie lontane attraverso cui leggere il mondo contemporaneo con le sue contraddizioni, i suoi ricorsi e le sue spinte verso il futuro.
Uomo schivo, riservato e riflessivo, Vassalli amava riscoprire la parola letteraria nel suo senso originale e meno abusato dalla lingua corrente. Per i suoi romanzi conduceva un profondo lavoro di ricerca storica che gli fruttò numerosi premi e riconoscimenti, tra cui il Premio Strega nel 1990 per una delle sue opere più famose, “La Chimera”. Questo romanzo, ambientato a cavallo tra il XVI e il XVII, è stato una delle opere italiane del ‘900 più tradotte al mondo. Oggi non è raro che la storia di Antonia de “La Chimera” compaia tra i testi scolastici di letteratura, tra “I Promessi Sposi” e “I Malavoglia”.
Vassalli cominciò la sua ricerca artistica negli anni sessanta e settanta seguendo la corrente della Neoavanguardia e partecipando al Gruppo 63 insieme a personaggi del calibro di Palazzeschi, Eco e Sanguineti. Nella maturità però, intorno agli anni ottanta, trovò una prosa narrativa tutta sua, non esattamente neorealista, ma lontana tanto dalle avanguardie futuriste quanto dai languori decadenti.
Era nato a Genova nel 1941, ma si trasferì presto a Novara e per il resto della sua vita continuò ad amare le suggestioni dei paesaggi ampi del Piemonte e del novarese, che infatti compaiono a più riprese nelle sue opere. Ammirò la poesia di Dino Campana e il suo particolare “male oscuro” e ripercorse la travagliata vicenda del poeta nella “Notte della cometa. Il romanzo di Dino Campana”.
In tutte le sue opere dimostrava immancabilmente il suo interesse a ricostruire il carattere nazionale degli Italiani. Scrisse anche per La Repubblica e La Stampa ed era stato opinionista per il Corriere della Sera, ma rimase sempre troppo fascista per i comunisti e troppo marxista per la destra.
Vania Amitrano