Nasce la terza repubblica sulle spoglie del mefitico Porcellum. Con una accelerazione sancita dalla “piena sintonia” nata nel corso di due ore di colloqui tra il segretario del pd Matteo Renzi ed il redivivo presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi, domani pomeriggio, la direzione nazionale del Partito democratico, darà il via libera alle tanto attese riforme istituzionali di quella che molti, anche i più scettici, cominciano a considerare una svolta storica.
Il motore della politica è dunque ripartito proprio grazie alle regole sulle quali per anni sembrava impossibile un accordo tra sinistra, centro e destra, tra grandi e piccoli. L’intesa, va detto subito, è stata raggiunta su un fronte ampio, più ampio di quello che Renzi e Berlusconi hanno fatto trapelare, dopo l’incontro di ieri.
Si comincia dalle regole del gioco elettorale. Bipolarismo per la stabilità nell’ambito di un sistema mutuato, ma diverso, da quello oggi in vigore in Spagna e adozione del proporzionale pieno con premio di maggioranza intorno al 15 per cento. Prevista anche la possibilità di un ritorno minimo alle preferenze che potranno essere espresse con il voto nelle 118 circoscrizioni nazionali. Uno sbarramento al 4-5% per i partiti più piccoli, infine, completa la manovra sulle modalità di voto.
Poi sarà il turno delle istituzioni. Resta la Camera come unica realtà che potrà dare la fiducia o far cadere il governo. Finisce il bicameralismo perfetto nato con la promulgazione della Costituzione. Il Senato diventerà una Camera delle autonomie con funzioni consultive. L’inutile duplicato fonte di non pochi problemi e ritardi nella approvazione delle leggi va dunque definitivamente in soffitta.
Ma, a Largo del Nazareno, si è parlato anche di abbattimento dei costi della politica e di una riduzione dei privilegi della casta. Viste comunque , le resistenze e gli agguati dei partiti che questa riforma non la vogliono si dovrà attendere, per capire dove Renzi e Berlusconi vogliono girare la barra del timone dei tagli.
Con questa operazione, che tra l’altro ingessa l’opposizione di Grillo, il segretario del Pd ha fatto sapere che “si gioca tutto”. E a giudicare dalle prime reazioni, soprattutto di governo e maggioranza (anche se non mancano fortissime quelle interne al Pd), c’è da pensare che l’atto di coraggio del sindaco di Firenze di dialogare direttamente con il Cavaliere, l’eterno ed inossidabile nemico del centrosinistra, è stata, alla fine, la vera mossa vincente di questa partita epocale.
Appare chiaro comunque che il varo delle riforme stila l’atto di morte del governo Letta che dalle trattative di questi giorni è stato tagliato completamente fuori, così come è rimasto ai margini anche il ruolo del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Adesso si attende il riposizionamento, su basi molto più deboli, del vicepremier Alfano e degli altri alleati della maggioranza. La riforma, così come ipotizzata infatti, li mette inesorabilmente fuori gioco e nella impossibilità materiale, visti i numeri, di condizionare alcunché. Di sicuro per il momento c’è il fatto che Ncd e Scelta civica si adegueranno votando, opportunamente ritoccata, la riforma. Poi si vedrà.
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