La sonda New Horizons ha raggiunto Plutone. L’apparecchio, messo in orbita nove anni fa dalla NASA, sta sorvolando il pianeta nano alla quota di 12.500 km, appena un terzo della distanza che separa dalla Terra i satelliti geostazionari.
Per i prossimi tre giorni, dall’orbita, New Horizons fotograferà ad alta risoluzione la superficie di Plutone e del suo satellite maggiore, Caronte, nel tentativo di realizzare una mappa tridimensionale del corpo celeste.
Gli altri strumenti di bordo studiano a distanza la temperatura, la massa, il campo magnetico e la composizione dello strato superficiale e dell’atmosfera del pianeta nano.
Le prime foto scattate alla distanza minima, però, arriveranno sulla Terra solo stanotte: nei nove anni passati dalla partenza, New Horizons ha percorso circa 4,2 miliardi di chilometri, quasi ventotto volte la distanza media della Terra dal sole, poco meno di due ore-luce. Si tratta oltretutto di immagini compresse per accelerarne la trasmissione: per vedere le versioni a piena risoluzione si dovrà aspettare ancora qualche mese.
Gli strumenti della sonda sono comunque accesi e puntati su Plutone da circa due settimane, e hanno già trasmesso immagini del pianeta nano più dettagliate di quelle scattate dal telescopio orbitale Hubble.
New Horizons è il primo oggetto costruito dall’uomo a orbitare intorno a Plutone: negli anni Settanta la NASA aveva pensato di farlo sorvolare da Voyager 1, ma poi scelse di dirottare la missione su Titano, il più grande satellite di Saturno.
Dopo aver sorvolato il pianeta nano, la sonda si dirigerà verso la fascia di Kuiper, regione ai confini del sistema solare dove orbitano migliaia di corpi di dimensioni ridotte. New Horizons potrebbe riuscire ad avvicinare uno di questi oggetti – la NASA ne ha individuati tre, poi ridotti a due, nella zona attraversata dalla sonda: hanno un diametro compreso fra trenta e cinquanta chilometri – ma tutto dipenderà dall’angolazione con cui uscirà dall’orbita di Plutone.
In ogni caso, le batterie che alimentano motori e strumentazione della sonda, alimentate dal decadimento del plutonio, non si dovrebbero esaurire fino al 2026, quando avrà percorso circa 55 volte la distanza che separa la Terra dal sole. Fino a quella data gli ingegneri saranno ancora in grado di correggere la traiettoria dell’oggetto o di ricevere dati dagli strumenti di bordo.
A bordo di New Horizons c’è anche un contenitore con parte delle ceneri di Clyde W. Tombaugh, l’astronomo che lo scoprì nel 1930, deceduto nel 1997.
Quando la sonda è partita da Cape Canaveral, il 19 gennaio 2006, Plutone era ancora considerato il nono pianeta del sistema solare.
Si trattava in ogni caso di un pianeta anomalo. La sua massa è appena un quinto di quella della nostra luna; il suo satellite Caronte è talmente grande che il centro gravitazionale del sistema non è all’interno del pianeta, ma nello spazio fra i due corpi; la sua orbita è fortemente inclinata rispetto a quelle degli altri pianeti, ed è talmente decentrata che dal 1979 al 1999 è stato più vicino al Sole di Nettuno.
Queste e altre considerazioni hanno spinto gli astronomi a riclassificarlo pianeta nano, etichetta che condivide con gli asteroidi di dimensioni maggiori, come Cerere, e con altri corpi della fascia di Kuiper. Ma il “declassamento” non ha incontrato il favore di tutta la comunità di professionisti e semplici appassionati di astronomia, e il dibattito sorto sulla questione è ancora vivace.
F.M.R.
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