Il premio Nobel per la Medicina va a William C. Campbell, Satoshi Ōmura e Tu Youyou, autori di studi rivoluzionari nella cura delle infezioni da parassiti. Il comitato dell’Istituto Karolinska di Solna, che assegna il riconoscimento più ambito nel campo della medicina, ha voluto riconoscere gli sforzi dei ricercatori nella lotta alle malattie della povertà, che ogni anno colpiscono milioni di persone in Africa, Asia e America latina.
Tu, la prima cinese a vincere nel campo della medicina, è stata premiata infatti per le sue scoperte nella terapia della malaria, mentre l’irlandese Campbell e il giapponese Ōmura hanno messo a punto una terapia contro le infezioni da nematodi.
Le loro scoperte, secondo quanto si legge nel comunicato ufficiale della commissione che assegna i premi, “hanno fornito all’umanità nuovi potenti mezzi per combattere queste malattie debilitanti che colpiscono ogni anno milioni di persone”. “Le conseguenze in termini di miglioramento della salute umana e riduzione delle sofferenze sono incommensurabili”.
Il lavoro di Ōmura, ripreso e ampliato da Campbell, ha portato all’isolamento dell’avermictina: la sostanza – prodotta da un batterio scoperto in Giappone, lo Streptomyces avermitilis, il cui genoma è stato decifrato nel 2003 – è diventata punto di riferimento delle terapie contro le infezioni da nematodi, microscopici vermi parassiti. È un nematode, ad esempio, a provocare l’oncocercosi, o “cecità fluviale”, che rimane la seconda causa di cecità al mondo dopo il tracoma – ha fatto perdere la vista a più di tre milioni di persone – anche a dispetto di una massiccia campagna promossa dall’OMS per debellarla.
Tu, invece, dirige da anni l’Accademia cinese per la medicina tradizionale. Sotto la sua guida è stato pubblicato nel 1977 – in forma anonima, per paura di attirarsi le ire del regime, che ai tempi della rivoluzione culturale bersagliava gli intellettuali in vista – un procedimento sicuro per estrarre l’artemisinina dall’Artemisia annua, pianta erbacea diffusa in Europa e in Asia. Le prime menzioni dell’uso di quest’erba contro la temibile “febbre intermittente”, cioè la malaria, risalgono a testi di 1.600 anni fa.
La stessa Tu ha riferito di aver tratto l’intuizione che ha portato la sua ricerca al successo – comprendere che le alte temperature degradano l’artemisinina, e che quindi per ottenere la sostanza nella forma utile occorre macerare la pianta in acqua fredda – dalla lettura di un manuale del 340 avanti Cristo.
Dopo le prove su topi e scimmie, Tu decise di sperimentare il farmaco su se stessa prima che su altri pazienti umani. Anni dopo, quando la storia è diventata di pubblico dominio, ha spiegato di considerarla “una sua responsabilità come capo del gruppo di ricerca”.
F.M.R.
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