Si parla ormai apertamente di un’accelerazione nell’applicazione di Basilea Tre, l’accordo che vincolerà gli istituti di credito europei a incrementare il capital ratio, ovvero la quantità di capitali e investimenti sicuri – Tier 1 – in rapporto a quelli giudicati ‘a rischio’.
Una misura ritenuta opportuna dallo stesso presidente della Commissione Europea Manuel Barroso, che ieri aveva invitato i leader europei a procedere sulla via della ricapitalizzazione degli istituiti di credito, ma che potrebbe suscitare l’aperta ostilità delle banche coinvolte. Sebbene, infatti, molti economisti – tra i quali Richard Reid del Centro internazionale per la regolazione finanziaria citato dal Financial Times – considerino la ricapitalizzazione “l’unica alternativa per sobbarcarsi il rischio evidente dei debiti sovrani”, il costo per le banche potrebbe rivelarsi troppo alto, riducendo ulteriormente la loro capacità di concedere prestiti ed investire nell’economia. Gli istituti di credito si vedranno, infatti, costretti – secondo alcune indiscrezioni fuoriuscite dall’Autorità bancaria europea (EBA) e riportate dallo stesso quotidiano londinese – a raggiungere, nell’arco di sei – nove mesi, un rapporto tra Tier 1 e risk-weighted asset innalzato all’inedita vetta del 9 per cento. Un livello alto, ma ritenuto adeguato per giustificare agli occhi del mercato la ricapitalizzazione delle banche europee e a rendere credibile la loro tenuta alla luce dei debiti sovrani che continuano ad accollarsi. Di rivolgersi al mercato per ricevere denaro fresco in questo momento non è proprio il caso di parlare. Perciò, saranno le autorità europee e i singoli Stati a fornire i capitali necessari alla ricapitalizzazione. Ciononostante permane l’incertezza perché le banche potrebbero rifiutarsi. La rendita dei capitali, infatti, è al momento così bassa che non converrebbe loro riceverne di nuovi mentre il costo del nuovo capital ratio sorpasserebbe i vantaggi della ricapitalizzazione. L’alternativa, perciò, sarebbe disfarsi di parte degli asset, raggiungendo il rapporto tra Tier 1 e investimenti risk-weighted semplicemente riducendo il volume di questi ultimi. Non si tratterebbe di una manovra da poco. Sempre secondo il Financial Times le francesi BNP Paribas e Société Generale guidano le fila dei ‘ribelli’ e hanno già presentato piani per disfarsi di asset per un valore combinato di 150 miliardi di Euro. Moltissimi istituti di credito, tra i quali Unicredit, potrebbero seguire a ruota, non solo inondando il mercato di asset a rischio, ma riducendo in maniera significativa la loro già compromessa capacità di investire e prestare soldi. Ecco il pericolo per l’economia europea: le compagnie europee ricorrono alle banche per l’80 per cento dei loro capitali – contro il trenta delle statunitensi -; la contrazione del prestito pregiudicherebbe ulteriormente una ripresa giudicata, già ora, oltremodo fragile ed incerta.
Tommaso Vesentini
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