L’olio di palma non è nocivo di per sé, né ha componenti specifiche in grado di provocare effetti negativi sulla salute. Anche se è opportuno premettere che nessun alimento o ingrediente è definibile come “tossico” di per sé, e che gli eventuali effetti negativi sulla salute vanno misurati sulla base dei livelli di esposizione, ovvero valutando attentamente il regime dietetico e, più in generale, lo stile di vita della persona. Questo il verdetto dell‘Istituto superiore di Sanità, pubblicato oggi sul sito del ministero della Salute. Tuttavia l’alto contenuto di grassi saturi di questo alimento è legato ai noti rischi cardiovascolari, in caso di consumi elevati.
“Si tratta di un alimento, e pertanto non può essere definito ‘tossico’, ciò che fa la differenza è quanto se ne mangia”, precisa Marco Silano, direttore del reparto Alimentazione e salute dell’Iss (fonte: Adnkronos salute) che evidenzia comunque la crescita nell’impiego di questo ingrediente da parte dell’industria alimentare. “Il dato di importazione è fortemente aumentato. Ed è una buona misura per capire quanto sia cresciuto l’uso di olio di palma”. Per quanto riguarda gli effetti sulla salute “non c’è nessun problema – continua Silano – se si fa una dieta varia ed equilibrata, seguendo di stili di vita sani. Ma bisogna avere particolare attenzione per alcune categorie di persone più a rischio per il consumo di grassi saturi: forti consumatori di prodotti industriali, obesi, cardiopatici, dislipidemici, anziani e bambini”.
Le linee guida internazionali, ricorda l’esperto, raccomandano di mantenere l’assunzione di grassi saturi al di sotto del 10% delle calorie giornaliere. “La nostra analisi indica che i bambini tra i 3 e i 10 anni consumano 20 grammi di questi grassi da alimenti non trasformati (latte, uova, carne) e tra i 4 e i 7 grammi da alimenti industriali, per una percentuale complessiva del 12% delle calorie giornaliere. Mentre gli adulti arrivano all’11, 2%. Questo indica che è necessario ridurre per raggiungere i livelli di consumo accettabili, soprattutto nei bambini”, aggiunge l’esperto che evidenzia la disomogeneità della fascia d’età studiata.
“Siamo consapevoli che a 3-10 anni i bambini sono consumatori differenti (i più grandi già ‘scelgono’, i più piccoli dipendono dai genitori) purtroppo, al momento, i dati di consumo disponibili sono solo questi, ma sarebbe utile avere un quadro più dettagliato, anche in relazione al consumo di merende industriali”.
“L’olio di palma – si legge nelle conclusioni del parere dell’Iss – rappresenta una rilevante fonte di acidi grassi saturi, cui le evidenze scientifiche attribuiscono – quando in eccesso nella dieta – effetti negativi sulla salute, in particolare rispetto al rischio di patologie cardiovascolari. Oltre a quelli contenuti nell’olio di palma aggiunto agli alimenti durante la trasformazione industriale, acidi grassi saturi vengono assunti attraverso il consumo di molti alimenti non trasformati che li contengono naturalmente, come latte e derivati, uova e carne”.
Nel parere si precisa che “non ci sono evidenze dirette nella letteratura scientifica che l’olio di palma, come fonte di acidi grassi saturi, abbia un effetto diverso sul rischio cardiovascolare rispetto agli altri grassi con simile composizione percentuale di grassi saturi e mono/polinsaturi, quali, ad esempio, il burro. Il minor effetto di altri grassi vegetali, come ad esempio l’olio di girasole, nel modificare l’assetto lipidico plasmatico è dovuto al minor apporto di acidi grassi saturi e al contemporaneo maggior apporto di polinsaturi. A ulteriore riprova che gli effetti sulla salute dell’olio di palma sono legati alla sua composizione in acidi grassi, si osserva che il suo consumo non è correlato all’aumento di fattori di rischio per malattie cardiovascolari” in persone con peso e colesterolo nella norma, giovani e “che assumano contemporaneamente le quantità adeguate di polinsaturi”.
Per le stesse ragioni sono più vulnerabili le “fasce di popolazione quali bambini, anziani, dislipidemici, obesi, pazienti con pregressi eventi cardiovascolari, ipertesi possano presentare una maggiore vulnerabilità rispetto alla popolazione generale. Per tale ragione, nel contesto di un regime dietetico vario e bilanciato, comprendente alimenti naturalmente contenenti acidi grassi saturi (carne, latticini, uova), occorre ribadire la necessità di contenere il consumo di alimenti apportatori di elevate quantità di grassi saturi i quali, nelle stime di assunzione formulate nel presente parere, appaiono moderatamente in eccesso nella dieta delle fasce più giovani della popolazione italiana”.
L’olio vegetale che si ricava dall’Elaeis guineeensis, cioè la cosiddetta “palma da olio”, è un ingrediente largamente impiegato nell’industria alimentare, praticamente onnipresente. E’ contenuto in molti cibi consumati dai bambini, ad esempio biscotti e merendine, snack dolci e salati. E’ presente nella pizza, sia surgelata che fresca: il suo utilizzo è motivato dal fatto che evita all’impasto di incollarsi eccessivamente, oltre alla maggiore consistenza che conferisce all’aspetto. Lo stesso discorso vale per i gelati, resi più cremosi e gustosi proprio dall’olio di palma. È presente inoltre nella margarina (rimane solido anche a temperatura ambiente), nella cioccolata (l’aspetto lucido è una conseguenza dell’aggiunta di questo ingrediente), nella nutella (31%) e persino nel pane in cassetta.
Fino a qualche tempo fa l’utilizzo di olio di palma si nascondeva dietro una indicazione vaga, quella di olio vegetale, mentre le etichette moderne devono essere necessariamente trasparenti e chiare. Le polemiche sono cominciate quando si è scoperto che provoca danni ambientali (le piantagioni distruggono le foreste e la biodiversità), etici (si sfrutta il lavoro degli schiavi) e, sulla base della quantità uitlizzata anche alla salute. Su quest’ultimo aspetto ora abbiamo acquisito il parere dell’Istituto Superiore di Sanità.
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