Hanno scelto il dies Domini, il giorno che i cristiani dedicano al culto, per introdursi in chiesa e fare una strage. Almeno 15 i morti, 80 i feriti di cui 30 in modo grave. Tra loro, molte donne e bambini.
Hanno agito così due attentatori talebani suicidi a Lahore, in Pakistan. L’attacco è stato rivendicato da Jamaat-ul-Ahrar, un gruppo integralista che ormai fa concorrenza all’Isis. Un altro attentato contro un terzo luogo di culto è fallito. Le due chiese, la cattolica St John’s Church e la cristiana Christ Church, vicine fra loro, si trovano nel quartiere di Youhanabad, un sobborgo povero dove vive e una folta comunità cristiana, erano gremite di fedeli: si calcola che fossero circa duemila. Anche gli agenti che avevano sbarrato l’ingresso ai due kamikaze – che se si fossero fatti saltare, come nel loro intento all’interno delle chiese, avrebbero provocato una strage di dimensioni ben più grandi – hanno perso la vita nel gesto.
Dopo gli attacchi, una folla di 4mila persone è scesa per strada in cerca di vendetta. Due uomini sospettati di essere complici degli attentatori sono stati linciati e i loro corpi sono stati dati alle fiamme. Armati di mazze, un gesto insolito per la pacifica comunità cristiana, i manifestanti esasperati hanno anche devastato alcuni negozi e danneggiato auto in transito. I poliziotti e alcuni politici locali accorsi sul posto sono stati cacciati dagli abitanti che accusano il governo di non agire con la necessaria risolutezza per difendere i cristiani.
Proteste dei cristiani si sono svolte anche a Karachi, Peshawar, Multan e Quetta. Il premier pakistano Nawaz Sharif, originario del Punjab, ha condannato gli attentati definendoli “non un attacco alla comunità cristiana ma allo stesso Stato pachistano”.e ha “dato istruzione alle autorità di assicurare l’incolumità delle persone e di proteggere le loro proprietà”. Da parte sua il ministro della Difesa, Khawaja Muhammad Asif, ha parlato di “un’aggressione contro l’umanità”. Dura anche la condanna da parte di Nazir S. Bhatti, presidente del Congresso cristiano pachistano (Pcc) il quale ha sostenuto che il governo del Punjab “non ha adottato sufficienti misure di protezione per le chiese”. “La violenza contro i cristiani – ha assicurato – sta aumentando in Punjab dove bambini, donne e uomini cristiani vengono bruciati vivi con il pretesto della legge sulla blasfemia e dove le case di molti cristiani vengono incendiate ogni settimana ed i responsabili restano in piena libertà”. Nel 2011, fra l’altro, almeno due personalità politiche pachistane – l’ex ministro per le minoranze, Shahbaz Bhatti, e l’ex governatore del Punjab, Salman Taseer – sono state uccise per aver preso posizione a favore di Asia Bibi, la madre cristiana di cinque figli condannata a morte per un gesto blasfemo da lei negato. Intanto, le autorità cristiane pachistane hanno decretato tre giorni di lutto per le vittime provocate dai talebani, mentre domani resteranno chiuse tutte le scuole cristiane della provincia, la più ricca e popolosa provincia del Pakistan. La violenza nella regione è aumentata dopo il fallimento del tentativo del governo di avviare colloqui di pace con i talebani, l’anno scorso.
I cristiani in Pakistan sono quattro milioni, circa il 2% dei 180 milioni di abitanti quasi tutti musulmani. Sono poveri ed emarginati e ora sempre più nel mirino di attentati, persecuzioni e accuse di blasfemie. L’episodio più grave risale al settembre 2013, quando due kamikaze si fecero esplodere in una chiesa di Peshawar uccidendo 82 cristiani. Nel marzo 2013, sempre a Lahore, attivisti musulmani avevano dato alle fiamme un centinaio di case di cristiani a nel quartiere di Joseph Colony dopo un presunto atto di blasfemia.
All’Angelus Papa Francesco ha evocato la nuova tragedia dei cristiani in Pakistan “con molto dolore”. “Questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace”, ha detto, sottolineando che “i cristiani sono perseguitati, i nostri fratelli versano il sangue soltanto perché sono cristiani”.
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