Da un’estate decisamente movimentata dal punto di vista economico, è scaturito un cambiamento dello scenario generale. Oggi la Bce ha fotografato, nel suo bollettino, una situazione che invita a maggior cautela. Lo certificano praticamente tutti gli analisti che stanno dettagliando il quadro alla luce della volatilità di queste settimane.
Il Centro Studi di Confindustria, invece, legge uno scenario economico più favorevole. Nel suo rapporto “le sfide della politica economica”, via dell’Astronomia stima infatti che “il cambiamento è avvenuto nel solco delle tendenze già emerse ed evidenziate nel corso dei mesi precedenti” ma è stato “nell’intensità dei movimenti, non nella loro direzione”.
“Le principali variazioni sono tre – spiegano gli esperti – la frenata del commercio mondiale più marcata, che deriva da una performance dei paesi emergenti peggiore delle attese; la nuova flessione del prezzo del petrolio; la dinamica dell’attività economica in Italia superiore a quanto inizialmente indicato”.
Cambiamenti che “nel complesso” risultano più favorevoli “all’economia italiana, seppure in misura marginale rispetto a quanto già chiaro e consolidato”, tanto da indurre a “rivedere al rialzo le previsioni del CSC”.
Non mancano però i fattori di rischio al ribasso per l’economia mondiale costituiti “dall’evoluzione politica greca e dalla tempistica e dall’entità del rialzo dei tassi da parte della FED”. Mitigato, invece, “il pericolo di un’escalation nel confronto armato tra Russia e Ucraina. Mentre la deflazione rimane la vera minaccia incombente perché è alimentata dall’eccesso di risparmio mondiale e dalla sovra capacità produttiva in una molteplicità di settori”.
Riflettori accesi anche sul caso della Cina: “una serie di dati negativi e lo scoppio della bolla azionaria hanno focalizzato l’attenzione sui problemi cinesi e sulla capacità delle autorità di quel paese di pilotare, senza inciampi, il passaggio dalla crescita trainata da investimenti ed esportazioni allo sviluppo basato sui consumi”.
Nell’insieme “le variazioni intervenute nel quadro internazionale limano impercettibilmente il PIL dell’Italia quest’anno e lo alzano dello 0,2% il prossimo”.
Le nuove previsioni CSC sul PIL italiano sono +1,0% nel 2015 e +1,5% nel 2016. Nel biennio avverrà la creazione di 494mila posti di lavoro. Agli inizi del 2015 è cominciata “la flessione del tasso di disoccupazione: 12,4% nella media del primo semestre dal 12,7% medio del 2014”.
Secondo gli industriali “continuerà a scendere per il resto dell’anno (12,0% a luglio), a fronte di una forza lavoro pressoché piatta (+0,3% in media d’anno, dopo il -0,5% del primo e il +0,5% nel secondo trimestre). Nel 2015 sarà in media del 12,2%. Scenderà all’11,8% nel 2016, nonostante una forza lavoro che accelera (+0,5% in media d’anno)”.
Rimangono però lontani i livelli del 2007: il prodotto interno è dell’8,9% sotto il picco pre-crisi; le persone impiegate sono oltre 720mila in meno ed è raddoppiato, a quasi otto milioni, il numero di quelli a cui manca lavoro, del tutto o in parte. Non variano invece “le proiezioni di accelerazione elaborate a giugno sul resto del 2015. Ci sono buone ragioni per pensare che essa sia in corso e sia guidata dalla domanda interna e dai servizi”.
“L’economia sta ripartendo ma ha bisogno di un forte slancio che può provenire solo da politiche e provvedimenti ambiziosi”. Così il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, che alla luce dei numeri e, nell’attesa del via libera alla legge di stabilità, punta alto e torna a chiedere a Renzi “Investimenti, pubblici e privati, il cuneo fiscale e contributivo che grava sul costo del lavoro, la ricerca e l’innovazione, l’internazionalizzazione delle imprese”.
“Puntare su questi capitoli – ha aggiunto – non è una ricetta magica ma una strategia articolata in grado di rimettere in moto la crescita”.
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