Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan
L’Unione Europea ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato rispetto della normativa europea che impone il pagamento dei fornitori della Pubblica Amministrazione a 30 – 60 giorni a fronte degli attuali 170 – 210.
Una decisione, firmata dal commissario uscente Antonio Tajani, che il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan non ha affatto gradito. Per il titolare di via XX Settembre “siamo due volte disciplinati, trovo che questa apertura di infrazione sia francamente incomprensibile”.
Non si tratta però un fulmine a ciel sereno. Nei mesi scorsi proprio Tajani ha più volte sottolineato come le misure adottate dall’Italia per ridurre i tempi di pagamento alle imprese non fossero sufficienti, e che il rischio dell’esposizione a una procedura di infrazione fosse concreto, visto sia il palese ritardo dei saldi delle fatture, sia l’applicazione errata degli interessi di mora applicati dalle amministrazioni nei bandi.
“Sono sorpreso – ha spiegato Padoan – perchè se c’é una cosa che il governo italiano ha fatto è quella di dare una decisa spinta proprio ai pagamenti della Pa. Le misure adottate introducono la garanzia bancaria, un ruolo per Cdp e tutto ciò ha un costo fiscale perché aumenta, seppur temporaneamente, l’onere del debito. E tutto è fatto rispettando i vincoli del debito”.
Dura anche la posizione del sottosegretario alle politiche europee Sandro Gozi, che definisce quella di Tajani una “strumentalizzazione dell’Europa e un atto di irresponsabilità contro l’Italia”.
“La cosa più paradossale – sottolinea l’esponente del Pd – è che sceglie di puntare il dito proprio su un problema che invece il governo guidato da Matteo Renzi ha assunto come priorità della sua azione riformatrice e ha dimostrato di affrontare con serietà, impegno e decisione: per il pregresso, attraverso il Documento di economia e finanza, e per il futuro, con le modifiche alla Legge Europea 2013 bis, già approvata dalla Camera, che fissa i termini perentori di pagamento della Pa a 30 e 60 giorni”.
Per Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera “Pier Carlo Padoan, farebbe bene ad astenersi da giudizi ingenerosi e scorretti nei confronti del vice-presidente Tajani” il quale “spiega ampiamente quali sono state le ragioni per le quali oggi la Commissione europea ha messo in mora l’Italia”. “Piuttosto che giudicare ‘francamente incomprensibile’ quanto accaduto – ha concluso, annunciando una interpellanza urgente sull’argomento – il ministro Padoan si faccia un esame di coscienza per capire cosa non funziona nel suo ministero”.
Il problema però è reale, e non evidenziato solo dalle istituzioni europee. Uno studio della Cgia di Mestre, su elaborazione dei dati di Intrum Justitia, riscontra una media dei pagamenti nei primi tre mesi del 2014 in 165 giorni, sopra di 107 giorni della media complessiva dell’Unione. L’Italia si pone così dietro a Grecia (155 giorni), Spagna (154) e Portogallo(129). Un traguardo poco lusinghiero, che tra l’altro tiene già conto degli effetti del decreto 35/2013, che ha sbloccato lo scorso anno risorse destinate proprio al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, con una riduzione di 5 giorni della media dello scorso anno.
Per il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, “dopo l’apertura del procedimento di infrazione da parte della Commissione europea auspichiamo che gli sforzi che sono iniziati in questi ultimi anni subiscano una decisa accelerazione”, e conclude sostenendo che solamente procedendo in questa direzione “sarà possibile rendere il nostro Paese più virtuoso e rispettoso delle esigenze delle imprese”.
Una direzione, quella impressa da Renzi, che viene vista come “ambiziosa” anche dal Fondo Monetario Internazionale, che tuttavia chiede “interventi rapidi e coraggiosi”.
“Dopo parecchi anni di difficile risanamento – osserva il Fondo – l’Italia ha conseguito uno degli avanzi primari più elevati dell’area dell’euro, fattore chiave per il rafforzamento della fiducia. Tuttavia occorre fare di più la riduzione del livello di debito pubblico e rafforzare la resilienza delle finanze pubbliche”.
Nel breve termine, la politica fiscale deve raggiungere un pareggio, posizionando “la riduzione del debito su un sentiero di riduzione che eviti strette eccessive che possano far deragliare una già fragile ripresa economica”.
Fmi invita le banche ad aumentare “la pressione dello smaltimento dei crediti in sofferenza, allo scopo di aumentare le risorse e favorire nuovi prestiti durante la ripresa”. Anche dal punto di vista delle politiche del lavoro il Fondo invita ad “azioni concrete”.
Tradurre infatti le numerose proposte in misure in grado di rafforzare gli incentivi per l’assunzione e l’investimento “aumenterebbe l’equità”. “Per permettere alle imprese di adeguarsi più rapidamente alle mutevoli condizioni economiche – si legge nel documento del Fondo – l’Italia dovrebbe promuovere una maggiore contrattazione salariale, insieme a una maggiore flessibilità nei contratti nazionali. La differenziazione dei salari pubblici tra le regioni potrebbe anche contribuire a migliorare il rapporto salari-produttività nel settore privato”.
Per Padoan “non saranno voti pieni, ma sono buoni. Si intravedono segnali di ripresa, si rafforzeranno in futuro”. Anche per il ministro del Lavoro Giuliano Poletti “siamo di fronte a valutazioni per cui le riforme avviate vengono giudicate molto positivamente”.
Il metro resta, comunque la tempistica degli interventi, visto il trend di chiusure delle Pmi italiane, primo tra gli strati produttivi a risentire dei mutamenti economici del Paese, fotografato ieri da Confcommercio.
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