Non accenna a placarsi la collera dei sostenitori di Hillary Clinton dopo l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli USA. Le manifestazioni degli ultimi giorni hanno visto sfilare migliaia di persone, soprattutto nei campus universitari e nelle grandi città degli Stati favorevoli ai democratici.
Il futuro presidente – l’insediamento ufficiale avverrà il 20 gennaio – ha incontrato alla Casa Bianca il suo predecessore, Barack Obama, per un colloquio in vista del passaggio di consegne. L’incontro è stato “meno imbarazzante di quanto ci si potesse aspettare”, secondo quanto ha giurato il portavoce della Casa Bianca. In effetti è durato tre volte il previsto: un’ora e mezzo anziché 30 minuti. Ma dalle foto della stretta di mano fra Obama e Trump, che comunque a suo modo resta storica, sembra di capire che lo studio presidenziale fosse avvolto dal gelo. E così, l’incontro di Washington non ha fatto nulla per alleviare la tensione nelle strade.
I disordini più gravi di ieri sono quelli scoppiati a Portland, la città più grande nello stato dell’Oregon, sulla costa pacifica. I manifestanti hanno rotto vetrine, incendiato cassonetti e lanciato oggetti contro le forze dell’ordine, che hanno reagito usando spray al peperoncino e pallottole di gomma. Alla fine sono stati arrestati 29 dimostranti, che si aggiungono ad altri cento nel resto degli USA. In trenta sono stati fermati a New York, dopo la manifestazione di Manhattan che si è conclusa ai piedi della Trump Tower, sulla Fifth Avenue. Altri sono stati arrestati a Baltimora, nel Maryland, per aver bloccato una strada senza averne l’autorizzazione.
Due video in particolare hanno fatto il giro dei social media: in uno si vede una bandiera a stelle e strisce data alle fiamme, nell’altro un uomo viene preso a calci e pugni da almeno tre persone perché sospettato di aver votato per Trump.
Proteste pacifiche, invece, si sono tenute ad Austin, Denver, Minneapolis e in varie città della California, dove si sono viste sventolare bandiere messicane e arcobaleno. Fra gli slogan scanditi contro il miliardario, Not my president (“non è il mio presidente”) e Hey Hey Ho Ho Donald Trump has to go (“Donald Trump se ne deve andare”).
“Ho appena vinto un’elezione presidenziale aperta e di successo”, ha protestato su Twitter il neopresidente, che si è scagliato contro i “contestatori di professione incitati dai media”. Poi ha corretto il tiro: “Amo il fatto che i piccoli gruppi di manifestanti della scorsa notte abbiano passione per il nostro grande Paese. Sapremo unirci insieme ed essere fieri!”.
Ma i dem infuriati non sono stati gli unici a ricorrere alla violenza. Com’era successo in Gran Bretagna dopo la vittoria del Leave nel referendum sulla Brexit, anche negli USA si sono viste aggressioni e intimidazioni razziste contro immigrati e persone di colore.
Il Ku Klux Klan ha indetto una “parata per la vittoria” in North Carolina per il prossimo 3 dicembre. Già in tempo di campagna per le primarie, il Klan aveva offerto il suo appoggio a Trump, che lo aveva rifiutato. Ma David Duke, l’ex leader del movimento suprematista bianco, aveva provato ugualmente a prendersi il merito della vittoria del candidato repubblicano all’indomani del voto, scrivendo su Twitter: “Non sbagliate, la nostra gente ha svolto un ruolo enorme”. E anche Rocky J. Suhayda, il capo dell’American Nazi Party, prima del voto aveva definito l’eventuale vittoria di Trump “una splendida occasione che potrebbe non tornare più”.
Ieri, intanto, Trump ha parlato al telefono con la Cancelliera federale tedesca Angela Merkel. Lo ha annunciato Georg Streiter, un portavoce del governo di Berlino. Oltre alle congratulazioni di rito, la Cancelliera “ha sottolineato che la Germania e gli Stati Uniti d’America sono strettamente legati da valori comuni” e gli ha promesso “stretta collaborazione”. Oggi, invece, è in programma il primo colloquio con il presidente francese François Hollande. “Dovrò chiarire e far chiarire delle posizioni”, anticipa alla tv France2 l’inquilino dell’Eliseo. “Dobbiamo parlarci in modo franco”. Mentre fonti di Bruxelles assicurano che Federica Mogherini, Alto rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza, è “impaziente” di incontrare il Transition team, la squadra che assiste Trump nella composizione del governo. Anche la Mogherini ha invitato il neopresidente a Bruxelles, come hanno già fatto il presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker e il presidente del Consiglio UE Donald Tusk, per “tracciare la rotta delle nostre relazioni per i prossimi quattro anni”.
F.M.R.
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