Il risultato del referendum, 69% (di poco meno del 50% degli italiani che si sono recati a votare) a favore contro 31% di NO, era scontato. E’ stato un successo che ha fatto esultare i Cinque Stelle che del taglio dei parlamentari avevano fatto uno dei loro cavalli di battaglia insieme al reddito di cittadinanza.

Meno scontati invece i risultati dell’analisi del voto e della simulazione del nuovo Parlamento realizzati ieri dall’Istituto Cattaneo. Una fotografia precisa della divisione del  e del No tra gli elettorati dei diversi partiti e degli effetti che, stando ai sondaggi di oggi, avrebbe il taglio dei parlamentari sulle forze politiche nella prossima legislatura.

I numeri, innanzitutto, parlano di un’affluenza concentrata nel Centro-Nord e nelle regioni o città in cui si è votato per le amministrative (ha votato il 63,7% degli aventi diritto dove c’erano le regionali, contro il 48,2% dove si sceglieva solo sul referendum). Sei Regioni, più una a statuto speciale, la Valle d’Aosta, dove si sceglieva il governatore che, però, rappresentano un terzo dell’elettorato italiano. Analizzando i flussi e paragonando i risultati con quelli delle europee 2019 in quattro capoluoghi di provincia particolarmente rappresentativi (Alessandria, Brescia, Napoli e Torino), risulta che metà degli elettori del Pd ha votato No o si è astenuta. Compatto invece il voto dei grillini a favore del Sì, come la stragrande parte dei sostenitori di Fratelli d’Italia e Lega . Per quest’ultima, quasi i due terzi degli elettori erano favorevoli al taglio dei parlamentari.

Tra il No e il non-voto i seguaci di Forza Italia, con tassi di astensionismo del 50% a Napoli, Torino e Brescia. I dati, poi, mettono in mostra quanto questo referendum sia stato l’opposto di quello costituzionale del 2016 promosso da Renzi-Boschi: la maggioranza di chi aveva ritenuto quella una pessima legge ha votato oggi per il Sì e al contrario chi aveva appoggiato quella proposta di cambiamento della Costituzione ha per lo più bocciato il taglio dei parlamentari.

Ma è lo scenario in caso di elezioni che più di tutti fa riflettere: con il “giallorosso” Germanicum (proporzionale con soglia di sbarramento al 5%) e le attuali stime nazionali, il centrodestra avrebbe la maggioranza sia alla Camera (217 su 400) che al Senato (108 su 200). A tagliarsi più deputati, sarebbero, paradossalmente proprio i 5 Stelle: da 199 a 73 a Montecitorio e da 95 a 38 a Palazzo Madama. L’altro piccolo crollo sarebbe quello di Forza Italia: da 94 a 30 deputati e da 55 a 12 senatori.

A sorpresa anche la Lega di Matteo Salvini perderebbe posti, ma di pochissimo: -8 alla Camera e -4 al Senato. Lieve aumento, invece, per il Pd: +3 deputati e +9 senatori. A gongolare davvero sarebbe però Giorgia Meloni: il suo Fratelli d’Italia raddoppierebbe la rappresentanza in Parlamento, passando da 33 a 68 deputati e da 17 a 37 senatori. In questo scenario né Italia Viva, né Azione di Carlo Calenda, né Leu sarebbero in gioco. Se così stessero le cose ai giallorossi converrebbe un proporzionale con soglia di sbarramento al 3%. L’Istituto Cattaneo, in questo caso, fotografa ad oggi la difficoltà del centrodestra nel raggiungere la maggioranza assoluta alla Camera. Da segnalare, poi, che anche con la soglia 3% Italia Viva diminuirebbe di molto la sua rappresentanza, dovendo dividere i posti con il Pd e gli altri rappresentanti dell’area liberal-democratica. Insomma questi dell’Istituto Cattaneo sono dati rilevanti, ben più degli exit poll, che anche l’altro ieri, tra referendum (in parte) e regionali/comunali (soprattutto), hanno mostrato oramai tutti i loro limiti. «Il Covid ha spostato gli equilibri» dicono i sondaggisti, ma forse la verità è che, vista la fluidità degli elettorati, di questi tempi è davvero difficile trovare dei campioni rappresentativi per azzeccare i risultati.