Trentanove giorni al voto per la regione Lazio e ancora nessun rappresentante per il centrodestra. Sergio Pirozzi, il candidato che si è messo a disposizione già due mesi fa, risponde in diretta su Facebook alle domande di giornalisti ed elettori su questa vicenda che lo coinvolge in pieno. Non volendo Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia convergere sul suo nome, gradirebbero il ritiro della candidatura in quanto toglierebbe voti al loro rappresentante di cui ancora, però, non conosciamo né volto né nome.
L’ultima ipotesi si chiama Stefano Parisi, l’ex candidato sindaco di Milano: “Di lui posso dire che ha fatto una grande corsa per Milano, anche se ha perso – osserva Pirozzi – ma non può esserci un candidato buon per tutte le occasioni. Nel caso del Lazio, se dovesse essere lui il prescelto, prima che conosca tutte le problematiche locali chissà quanto tempo ci vuole”. E’ questo il pensiero del sindaco di Amatrice che racconta della sua esperienza all’ospedale di Colleferro dove tagli e chiusure di reparti, ad opera della Regione Lazio, sono del tutto incomprensibili. “Da sindaco trovo intollerabile e drammatico che ci siano paesi che per raggiungere un ospedale debbano farsi anche 30km. E da Presidente della Regione, sui presidi ospedalieri territoriali non sentirò ragioni: vanno potenziati e migliorati, non chiusi. La sanità pubblica non deve essere una mucca da mungere: sprechi e ruberie vanno combattuti e abbattuti, ma non sulla pelle dei cittadini e del loro diritto a curarsi”.
La sua candidatura resiste dalla metà di novembre, quando pubblicamente presentò la lista civica dello Scarpone alla quale hanno aderito 56 sindaci di altrettanti comuni laziali.
Lei si candida a prescindere, gli chiede un giornalista, ma col centro destra nessun confronto?
“Il mio telefono è sempre acceso e il numero lo stesso da trent’anni. L’ho già detto: chi vuole parlarmi mi può cercare”. A parte Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo ed esponente di Forza Italia, Pirozzi non ha incontrato nessuno. “Mi sono state fatte diverse offerte, un posto in Parlamento, ad esempio: l’avessi voluto avrei optato per questa scelta 4 mesi fa. In ogni caso non mi piace lo sfruttamento dell’immagine di un uomo che rappresenta la tragedia. Sarei diventato, come altri, quello che spinge il pulsante quando si deve votare una legge”. “Quanto all’incarico in un ipotetico governo di centrodestra, fermo restando che bisogna vedere cosa gli elettori sceglieranno il 4 marzo, bisogna tenere presente che quello che oggi è bianco domani può diventare nero”.
“Il mio è un percorso molto più difficoltoso – ammette il sindaco di quello splendido borgo, eletto tra i più belli solo l’anno prima di essere raso al suolo da un terremoto di intensità 6.0 – Avevo messo in conto che ci sarebbero stati attacchi. Quello che mi suona strano, però, è che se mi ritenevano degno anche di un sottosegretariato perché non posso essere in grado di fare il presidente di una regione?”
Invece di perdere tempo in chiacchiere da bar – sceglieranno Parisi, oppure Rampelli, il preferito della Meloni, oppure si tornerà sul nome di Gasparri? – Sergio Pirozzi in questi 39 giorni che mancano al voto avrebbe tanta voglia di sentir parlare dei problemi della Regione: “Vorrei si parlasse di Alessio D’Amato, il responsabile della cabina di regia, su cui pende dal 2014 una sospensione cautelativa dall’incarico mai consegnata. Vorrei parlare della sanità, dei rifiuti, delle donne lavoratrici che non riescono a stare accanto ai propri figli. Di tutti i problemi in carico alla Regione e sui quali la Regione, se non le ha date insufficienti, non ha fornito risposte”.
“Il mio non vuole essere un ultimatum – rincara – ma il 26 gennaio (tra due giorni, quindi) gli elettori di centrodestra dovranno conoscere il nome del candidato a governare il Lazio. Qui, oggi, entra la fase del ballottaggio”.
C’è chi giudica una provocazione la presentazione della sua lista al Senato, osserva un altro giornalista.
“La lista al Senato è un’iniziativa dei comitati – spiega Pirozzi – stanno raccogliendo firme, vedremo. Non posso impedire ai comitati di fare questo, ma la decisione finale sempre e solo mia”. “Nessuna provocazione – risponde ancora – mai fatte. Avrei potuto invece rispondere alle provocazioni ricevute – da inadeguato a montanaro, ecc. – Rivendico le mie origini montanare che mi hanno abituato ad andare in salita”. “Quanto invece alle ricadute che la mia candidatura avrebbe avuto sul mio ruolo di sindaco, io dico: guai a chi utilizza Amatrice perché allora divento ‘ignorante’. L’uomo che avete davanti – dice rivolto al pubblico in conferenza stampa – insieme alla sua squadra, per 18 mesi ha mangiato polvere: giù le mani da Amatrice!“.
Insomma, difficile prendere Sergio Pirozzi in contropiede. Nella sua scaltrezza e nella sua determinazione lo favorisce l’allenamento decennale nello sport del calcio. “L’anticipazione è l’Abicì del calcio – conclude – Io anticipo le mosse dell’avversario, il tentativo di mettermi in difficoltà. Questo è un Paese dove i mandanti si nascondono e usano sicari. Io conosco mandanti e sicari”.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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