Non è solo un addio alle olimpiadi di Rio ma la fine della carriera di marciatore di Alex Schwazer, condannato a otto di squalifica per doping. Il TAS (Tribunale di arbitrato sportivo) non ha creduto alla difesa dell’atleta e lo ha punito per recidività, dal momento che l’atleta campione olimpico nel 2008 era risultato positivo al controllo anti-doping già nel 2012, alla vigilia dei giochi di Londra.
“Siamo delusi ma andremo avanti atrovare la verità con l’esame del Dna e quant’altro. Otto anni perché è recidivo. Non sappiamo ancora le motivazioni”, ha dichiarato all’Agi l’avvocato Thomas Tiefenbrunner, legale di Alex Schwazer.
La difesa: “La sentenza era già scritta”. Ci aveva sperato, Alex Schwazer, medaglia d’oro alla 50 km di Pechino, ma per lui non ci sarà una prova d’appello. “Sono distrutto” ha dichiarato a caldo l’atleta altoatesino subito dopo la sentenza del TAS.“Era un verdetto che ci attendevamo – ha affermato l’allenatore Sandro Donati, in prima linea da sempre nell’anti-doping – Abbiamo cercato di dissuadere Alex dalla volontà di andare avanti, ma lui voleva inseguire fino all’ultimo il sogno di correre a Rio. Ora torneremo il prima possibile in Italia”.
Test, legali, powerpoint, tutto inutile: 10 ore di udienza per ribadire ciò che già si sapeva. A gennaio scorso Schwazer, qualificato per Rio, era stato trovato positivo a un tipo di steroide sintetico, esattamente tre mesi dopo il primo test che invece aveva dato esito negativo, condotto, questo, nei laboratori italiani.
Donati difende il suo atleta e punta il dito verso la Federazione: “E’ evidente un fine persecutorio nei confronti di Alex. Di riffa o di raffa dovevano eliminare Schwazer. Non parlerò della mia persona, ho una certa età. Ad Alex hanno stroncato la vita. Stamattina ha marciato per una quarantina di km a una velocità che tolti uno o due marciatori nessuno saprebbe tenere nemmeno in gara. E’ evidente che era facile incolpare uno con un precedente.
Poi avete visto con quale tecnica, anche medici interessati da procedimenti giudiziario, si siano affrettati a definirlo persino “bipolare”. Alex è lineare, coerente, semplice, affidabile. Ha sbagliato una volta, con sua quota di responsabilità coinvolgendo anche la Kostner in una cosa in cui non entrava niente. Ma in quel periodo è stato abbandonato a sé stesso. Non gli è stato dato un allenatore adeguato. Qualcuno gli ha prescritto un antidepressivo per email. Sapevano che aveva incontrato il dott. Michele Ferrari e nessuno è intervenuto. Gli hanno permesso di andare in Germania per un mese. Tutti si sono sottratti, il Coni e la federazione”.
Altrettanto duri i detrattori, coloro che tra gli atleti non risparmiano commenti forti contro Schwazer: Chi invece è tornato ad attaccare Schwazer è Gianmarco Tamberi, a Rio per seguire le gare nonostante l’infortunio che gli ha impedito di essere tra i protagonisti del salto in alto: “Mi chiedete se 8 anni sono giusti? – ha detto Gianmarco Tamberi, infortunato e quindi escluso dalle gare di salto in alto – Non sono io a dovermi esprimere, ma Schwazer è stato trovato positivo due volte, e questo non sono io a dirlo…”.
“Mi ero espresso prima di questa nuova positività – ha continuato Tamberi – e ho sempre pensato che un’atleta pizzicato per doping non debba più vestire la maglia azzurra perché non rappresenta più i valori della nazionale”.
Stesso atteggiamento per Elisa Di Francisca, argento nel fioretto a Rio: “Non ho mai barato, non ho mai pagato nessuno per farmi vincere. Ho la coscienza pulita perché non mi sono mai dopata in vita mia. Questa è la mia linea e lo sarà sempre, i risultati li voglio ottenere solo attraverso i miei sacrifici. Sta a ognuno di noi comportarsi bene”.
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