Davanti ad Olimpico vestito come si conviene per le serate di gala – 60000 spettatori, fatto veramente eccezionale per un quarto di finale di Coppa Italia – e voglioso di vendicare subito il rovescio del 5 gennaio a Torino, la Roma sfodera una prestazione non tanto arrembante quanto intelligente tatticamente e accontenta il suo pubblico domando per 1-0 la sua eterna rivale che quest’anno lo è più che mai.
Una partita tirata, intensa, non spettacolare e con pochissime palle gol su entrambi i fronti, ma, ai punti, per usare un gergo pugilistico, la vittoria romanista ci sta tutta. Apparentemente decisa da un episodio, la palla rubata da Pjanic a Bonucci per dare il la alla combinazione vincente Strootman-Gervinho, in realtà, questa qualificazione è figlia di ben altri padri: Garcia, memore della scoppola torinese, ha scelto un attacco ragionato per non lasciare la retroguardia in balia del laser di Pirlo, Conte ha fatto ampio (anche troppo) ricorso al turnover e mal gliene è incolto. In queste poche ore che sono trascorse dal fischio finale di Tagliavento, anche lui protagonista e poi diremo perché, e nelle prossime che verranno molto si è già detto e molto ancora si dirà sulla scelta del tecnico bianconero di schierare 6/11 non titolari depauperando soprattutto il reparto avanzato dove Giovinco, ancora una volta, ha dimostrato di non avere il “phisique du role” per surrogare non solo Llorente (e ci mancherebbe) ma anche Tevez. Già dalla lettura delle formazioni si capiva quale delle due contendenti fosse più motivata. Per la Roma in ballo c’era molto: orgoglio, possibilità di far strada in una competizione comunque di prestigio, voglia di dare una soddisfazione ad pubblico così entusiasta, per la pur famelica Juve molto meno. A Conte è stata contestata la presunzione di voler battere un così forte avversario, sul suo campo peraltro (e dove la Juve ci ha rimesso le penne nelle ultime tre edizioni della Coppa, ndr), ma la verità è un’altra. Da un lato il tecnico pugliese è rimasto fedele al suo copione: in Coppa Italia spazio a chi gioca meno e niente mugugni. Dall’altro ha dimostrato non tanto di snobbare la Roma quanto di considerare la coppa nazionale un obiettivo meno appetibile anche dell’Europa League (che vedrà il suo ultimo atto proprio allo Juventus Stadium). In un certo senso, logico e coerente. Ma ci sono momenti in cui l’importanza di un evento, e quest’anno Roma-Juve è l’Evento, dovrebbero far cedere il passo anche al ragionamento. Così ha fatto Garcia ed è stato premiato, anche grazie all’innesto in corsa dell’unico vero titolare rimasto fin lì a riposo, Pjanic. Segno che la serata esigeva grandi firme e non comprimari, pur di lusso.
Si diceva di Tagliavento. Conte ha rimproverato al fischietto due episodi: la mancata espulsione di Benatia per fallo su Giovinco, ma lo juventino era spalle alla porta e la chiara occasione da gol così chiara non era. L’annullamento della rete di Peluso perché il pallone di Isla sarebbe uscito prima di rientrare sul rettangolo di gioco. Le immagini, in questo caso, non danno alcuna certezza.
Al netto di tutto questo, è passata la squadra che lo voleva di più. Quella con più fame. Ed era una notte da lupi.
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