E’ per Fuocoammare di Gianfranco Rosi l’Orso d’Oro della 66° edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Il regista italiano, dopo la vittoria del 2013 a Venezia, ripete l’impresa e trionfa ancora con un film documentario sull’immigrazione. Orso d’argento alla miglior regia alla francese Mia Hansen-Løve per L’Avenir (Things to Come). E’ tunisino il miglior attore, Majd Mastoura, mentre la miglior attrice, Trine Dyrholm, viene dalla Danimarca.
Sono sette gli orsi d’argento, più uno d’oro, che la giuria della Berlinale ha assegnato ai diciotto film in concorso quest’anno. C’era un solo italiano in concorso, Gianfranco Rosi con Fuocoammare, su cui riporre tutte le aspettative, ma dopo il clamoroso successo della prima proiezione del film le speranze nazionali di conquistare l’ambito premio sono cresciute in maniera esponenziale.
Con l’entrata della giuria sul palco Berlinale Palace la cerimonia di premiazione dei film in concorso per la 66° edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino entra nel vivo. Meryl Streep, presidente della giuria, fa il suo ingresso seguita dalla nostra Alba Rohrwacher, Lars Eidinger, Nick James, Brigitte Lacombe, Clive Owen e Małgorzata Szumowska. L’attrice americana racconta che non c’è stato nessun problema nella scelta dei film da premiare perchè la giuria era composta tutta da veri protagonisti.
Uno ad uno i giudici annunciano i vincitori. L’Orso d’Argento alla miglior sceneggiatura è andato al polacco Tomasz Wasilewski per il suo United States of Love (Zjednoczone stany miłości). Il miglior attore, Majd Mastoura, è il protagonista di un film tunisino, Hedi (Inhebbek Hedi), miglior opera prima del regista Mohamed Ben Attia; dedica il suo premio alle vittime della rivoluzione tunisina. L’Orso d’Argento alla miglior attrice è andato a Trine Dyrholm per la sua interpretazione di Anna in The Commune (Kollektivet) del danese Thomas Vinterberg. Alba Rohrwacher ha annunciato il premio alla miglior regia, questo Orso d’Argento è femminile ed è andato all’attrice e regista francese Mia Hansen-Løve per Things to Come (L’avenir). Il film bosniaco, Death in Sarajevo (Smrt u Sarajevu), dello iugoslavo Danis Tanović, vince il Gran Premio della Giuria.
Per la consegna dell’Orso d’Oro entra il direttore del Festival, Dieter Kosslick, che accompagna Meryl Streep mentre annuncia il vincitore: “Un film eccitante e originale,- dice la presidente- la giuria è stata travolta dalla compassione. Un film che mette insieme arte e politica e tante sfumature. È esattamente quel che significa arte nel modo in cui lo intende la Berlinale. Un libero racconto e immagini di verità che ci spiega quello che succede oggi. Un film urgente, visionario, necessario“. La telecamera inquadra Gianfranco Rosi e Fuocoammare riceve l’Orso d’Oro. Il regista sale sul palco, ringrazia e chiama al suo fianco tutto l’originale cast artistico e tecnico che ha contribuito alla realizzazione, durata più di un anno, di questo film documentario sull’isola di Lampedusa.
Rosi ringrazia soprattutto i Lampedusani per la loro generosità, accoglienza e il loro cuore aperto e dedica la sua vittoria alle migliaia di rifugiati che passano dall’isola in cerca di salvezza. “I Lampedusani -ricorda ancora una volta il regista- sono pescatori e i pescatori accettano tutto ciò che viene dal mare e tutti dovremmo imparare da loro a fare lo stesso“. Infine Rosi, mentre si stringe in un largo e ampio abbraccio con tutto il suo cast sul palco, saluta e ringrazia anche sua figlia e le promette che presto tornerà a passare molto più tempo con lei.
“Non volevo fare un film politico,- ha detto il regista in conferenza stampa- ma questo film è politico a prescindere e spero che riesca a dare consapevolezza e benessere“.
Fuocoammare è un film documentario dal forte impatto narrativo. Le scene, sebbene a volte lunghe, non annoiano. Il ritmo è equilibrato, si alternano bene momenti fortemente drammatici a passaggi più leggeri e gradevoli. Rosi riesce a trasmettere attraverso le sue riprese scene e atmosfere fortemente comunicative e altamente simboliche. Il dramma dello sbarco dei migranti è colto con una profonda partecipazione emotiva ma non scade mai nella ricerca della scena ad effetto. Al contrario, sebbene le immagini e le testimonianze riprese siano spesso dure, nel complesso non risultano mai insostenibili per lo spettatore, che invece è accompagnato alla visione da un equilibrato montaggio.
Laureata in Lettere, amante dell’arte, dello spettacolo e delle scienze umane, autrice di testi di critica cinematografica e televisiva. Ha insegnato nella scuola pubblica e privata; da anni scrive ed esplora con passione le sconfinate possibilità della comunicazione nel web.
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