Ha poco da arrabbiarsi la Francia di Emmanuel Macron, che alle parole severe del vicepremier e capo politico Cinque Stelle Luigi Di Maio, ieri,ha risposto richiamando subito l’ambasciatrice italiana.
Lo scontro con Parigi avvenuto già 24 ore fa si è basato su un’affermazione sulla quale oggi, davanti alle telecamere di ‘Mattino 5’, l’altro vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini ha voluto mettere il suo carico: “Il problema dei migranti ha tante cause, c’è chi in Africa sottrae ricchezza a quei popoli e a quel continente e la Francia è tra questi”, aggiungendo anche che in Libia la Francia ha “interessi opposti a quelli italiani” e “non ha alcun interesse a stabilizzare la situazione”. Pertanto, niente “lezioni di umanità e generosità da Macron”, ha ammonito Salvini. Tra l’altro, ha osservato ancora il segretario della Lega: “Macron ha poco da arrabbiarsi perché ha respinto migliaia di migranti, comprese donne e bambini, alla frontiera”.
E’ uno scontro duro quello con Parigi, che è iniziato con le parole accusatorie di Di Maio alla Francia, rea di sfruttare e impoverire l’Africa usando “il franco delle colonie” per finanziare il suo debito pubblico. Parole che non sono piaciute all’Eliseo: “Queste dichiarazioni da parte di un’alta autorità italiana sono ostili e senza motivo visto il partenariato della Francia e l’Italia in seno all’Unione europea. Vanno lette in un cotesto di politica interna italiana”, ha tuonato il IQuai D’Orsay. Parole di “un irresponsabile”, ha sentenziato il commissario Ue Pierre Moscovici.
Venerdì Le Figaro aveva consacrato l’apertura al peggioramento delle relazioni tra Parigi e Roma, ai livelli più bassi dal dopoguerra. Nelle prime tre pagine del giornale venivano elencate le ormai innumerevoli querelle tra le due nazioni cugine d’Europa: dai migranti all’Aquarius fino agli incidenti legati ai respingimenti al confine, l’appoggio di Di Maio alle casacche gialle o la sua recente battaglia contro la sede del Parlamento europeo a Strasburgo, il caso Stx-Fincantieri e la Tav “in sospeso”. Ma anche il prestito (ormai sempre più traballante) delle opere di Leonardo Da Vinci al Louvre.
Nell’edizione di ieri mattina Le Monde smonta la teoria, riesumata da Di Maio, che la Francia usa il “franco delle colonie” per finanziare il suo debito pubblico a spese dei Paesi africani, e la bolla come ‘fake news’ in circolazione sulla rete dal 2014, rilanciata nel 2016 con un video su Facebook ed infine ampiamente smontata dai quotidiani francesi Le Monde e Liberation in lunghi pezzi di fact checking già a inizio 2017.
In realtà la teoria nascerebbe da una confusione, spiega Le Monde: 14 Paesi africani che hanno adottato con la fine del colonialismo, tra il 1959 e il 1962, dei trattati sul “franco delle colonie africane francesi” (Fca) sulla base di alcune regole: garanzie da parte del Francia della piena convertibilità della divisa in altre valute estere, tasso di cambio fisso sul franco francese (oggi sull’euro), trasferimenti di capitale nella zona del Fca liberi e gratuiti. In cambio però i 14 Paesi si sono impegnati a depositare presso la Banca di Francia, che non è il governo francese ma un’istituzione monetaria, il 50% delle loro riserve: lo stato francese non può attingere a questo deposito.
Il cambio fisso con l’euro obbliga le banche centrali dei 14 Paesi a sottomettersi alle regole della Bce, con dei tetti sull’inflazione e tutti gli svantaggi di una moneta forte. A inizio 2016 le riserve dei Paesi del Fca presso la Banca di Francia erano stimate in 10 miliardi di euro. Secondo i detrattori del sistema le riserve dovrebbero essere sbloccate e usate per finanziare lo sviluppo dei Paesi africani. In ogni caso, pur essendo il Fca un chiaro retaggio coloniale, i 14 Paesi sono liberi di scegliere autonomamente di rompere il legame monetario con la Francia e rientrare nel pieno possesso delle loro riserve.
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