C’è uno spettro che si aggira per l’Europa e non fa dormire sonni tranquilli alle élite che hanno governato e continuano a condizionare l’Europa a partire dal 2002, anno di nascita della moneta unica, l’euro. Questo fantasma si chiama Paolo Savona, una storia professionale di altissimo ed inattaccabile profilo sia umano che tecnico. Una persona degna e non discutibile se non per ciò che pensa e cioè che il nostro Paese nell’ambito delle strategie soprattutto finanziarie espresse dai centri di potere che hanno fatto e fanno gli interessi della Germania, dei suoi alleati storici e delle banche coordinate dalla Bce, è stato letteralmente massacrato in quindici anni di storia della moneta unica. Da qui il suo euroscetticismo. Una parola mal tollerata da sinistra ed istituzioni che quando si parla di Europa delle banche pensano che si stia parlando di qualcosa di sacro, di intoccabile, che non può e non deve essere messo in discussione, neppure quando la politica monetaria degli gnomi di Francoforte, ha portato l’Italia spesso sull’orlo del baratro. Negare che l’Italia sia stata una nazione svenduta e tradita in più occasioni, è impossibile. Un caso per tutti? L’esperienza del governo Monti e degli altri esecutivi mai legittimati dal voto popolare che sono venuti dopo di lui. Ebbene si, è difficile non ricordare “i compiti da fare a casa” di cui parlava il professore ogniqualvolta tornava da Berlino o Bruxelles. Per noi sacrifici e rinunce. All’Ue a guida germanica il piacere di vedere un Paese sempre prono e disponibile alle sollecitazioni e per gli amici della Goldmann Sachs ed i grandi truffatori che hanno riempito l’Italia di titoli tossici come i derivati, risarcimenti e plusvalenze miliardarie proprio quando le banche, secondo piani ben precisi negavano al sistema Italia qualunque possibilità di approvvigionamento di denaro per poter andare avanti o sviluppare lavoro e attività produttive. Erano gli anni della legge Fornero e del massacro fiscale. Del paga e crepa, del blocco degli investimenti. Gli anni di una crisi durata più di dieci anni. Erano soprattutto gli anni in cui decine di padri di famiglia e di imprenditori sceglievano la strada del suicidio di fronte all’impossibilità di andare avanti od onorare gli impegni. L’importante però era che le banche potessero continuare ad ingrassare. Senza rischi per istituzioni e manager. Lo avremmo capito benissimo con il crollo di Mps, delle banche venete e di banca Etruria, quando, grazie a governi a guida Pd targata Matteo Renzi, gli italiani compresero che la connessione tra politica e malaffare aveva toccato livelli mai raggiunti prima. I vincoli monetari imposti dalla Ue e dalla Bce a nostro danno, nel tempo, stanno li a dimostrarlo. Per l’Europa delle banche il problema non era quello di far crescere produttività, consumi e qualità della vita dei cittadini ma far crescere i profitti del circuito internazionale delle banche e del loro braccio armato rappresentato dalle agenzie di rating. Basta vedere quello che sta succedendo in questi giorni quando i mercati, di fronte alla prospettiva di un nuovo governo “antisistema” in Italia, giocando su valore dello spread ed analisi socioeconomiche taroccate, hanno riproposto uno scenario già collaudato ai tempi dei governi Berlusconi. Si può negare che ci troviamo di fronte ad autentica ingerenza e violazione della sovranità nazionale come mai accaduto in passato? Difficile. Usano la finanza per condizionare politicamente in maniera vergognosa il nostro Paese. E a farsi interprete di tutto questo oggi è il presidente della Repubblica Sergio Mattarella arrivato a porre addirittura il veto sul nome di Paolo Savona, mettendo così a rischio la possibilità di formare un governo democraticamente e legittimamente eletto dalla stragrande maggioranza degli italiani. Dunque in Italia mettere in discussione e combattere lo strapotere delle finanza internazionale è reato. Guai a contestare il principio che a comandare debbano essere le banche. E questo nodo si è ripresentato in modo drammatico in questi giorni in cui Lega e Movimento Cinque stelle hanno lavorato insieme per dare un governo al Paese. Ma Salvini e Di Maio dimostrando grande saggezza politica e non poca capacità tattica hanno fatto capire in maniera chiarissima al Quirinale, che con queste regole non sono disposti a giocare: non si può bloccare un governo solo perché l’inquilino del Quirinale, su pressioni della Ue, ha posto il veto su un ministro dell’economia in pectore, con l’unica colpa essere solo “un euroscettico”. Ma attraverso le parole di Paolo Savona cerchiamo di capire perché la scelta del Quirinale non può dare altri frutti se non quelli di nuove elezioni come ha spiegato con durezza il leader della Lega Matteo Salvini. “Non sono mai intervenuto in questi giorni nella scomposta polemica che si è svolta sulle mie idee in materia di Unione Europea –ha spiegato Savona in una nota ufficiale- e in particolare, sul tema dell’euro. Per il rispetto che porto alle Istituzioni, sento il dovere di riassumerle brevemente: – Creare una scuola europea di ogni ordine e grado per pervenire a una cultura comune che consenta l’affermarsi di consenso alla nascita di un’unione politica ….. – Assegnare alla BCE le funzioni svolte dalle principali banche centrali del mondo per perseguire il duplice obiettivo della stabilità monetaria e della crescita reale ..… – Attribuire al Parlamento europeo poteri legislativi sulle materie che non possono essere governate con pari efficacia a livello nazionale, ….. – Conferire alla Commissione Europea il potere di iniziativa legislativa sulle materie di cui all’art. 3 del Trattato di Lisbona ….. – Nella fase di attuazione, prima del suo scioglimento, assegnare al Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo compiti di vigilanza sulle istituzioni europee per garantire il rispetto degli obiettivi e l’uso dei poteri stabiliti dai nuovi accordi. Per quanto riguarda la trasposizione di questi miei convincimenti nel programma di Governo non posso che riferirmi al contenuto del paragrafo 29, pagine 53-55, del Contratto stipulato tra la Lega e il M5S, nel quale vengono specificati gli intenti che verranno perseguiti dal Governo che si va costituendo “alla luce delle problematicità emerse negli ultimi anni“; queste inducono a chiedere all’Unione Europea “la piena attuazione degli obiettivi stabiliti nel 1992 con il Trattato di Maastricht, confermati nel 2007 con il Trattato di Lisbona, individuando gli strumenti da attivare per ciascun obiettivo” che nel testo che segue vengono specificati. Anche per le preoccupazioni espresse nel dibattito sul debito pubblico e il deficit il riferimento d’obbligo è il paragrafo 8 di pagina 17 del Contratto in cui è chiaramente detto che “L’azione del Governo sarà mirata a un programma di riduzione del debito pubblico non già per mezzo di interventi basati su tasse e austerità – politiche che si sono rivelate errate ad ottenere tale obiettivo – bensì per il tramite della crescita del PIL, da ottenersi con un rilancio della domanda interna dal lato degli investimenti ad alto moltiplicatore e politiche di sostegno del potere di acquisto delle famiglie, sia della domanda estera, creando condizioni favorevoli alle esportazioni.” Spero di aver contribuito a chiarire quali sono le mie posizioni sul tema dibattuto e quelle del Governo che si va costituendo interpretando correttamente la volontà del Paese. Sintetizzo dicendo, conclude Savona:
“Voglio un’Europa diversa, più forte, ma più equa”.
Dov’è l’attacco alle istituzioni europee?
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