C’è ancora chi dice “se l’è cercata”. E non sono pochi. Davanti al crimine più efferato, magari la violenza di un ‘branco’, il 24% dei rappresentanti del cosiddetto sesso forte – mai nei tanti episodi drammatici che leggiamo in cronaca l’appellato è stato più appropriato – si dice convinto che la causa del comportamento che veste nel carnefice i panni maschili, nella vittima veste panni succinti, esageratamente ridotti. Provocanti. Sarebbe questo per quasi un quarto degli uomini, appunto, il motivo scatenante dei tanti assalti selvaggio per rubare un po’ di piacere.
Il Rapporto dell’Istat sui ruoli di genere e l’immagine sociale della violenza sessuale, presentato nella ricorrenza mondiale per combattere la violenza sulle donne, riporta dati a dir poco scioccanti che la dicono lunga su di chi è la responsabilità di ogni atto sessuale non voluto. E’ della donna anche per il 40% delle vittime: se vuole la donna si può sottrarre alla violenza.
Riepilogando, persiste quindi il pregiudizio che addebita alla donna la responsabilità della violenza sessuale subita: il 39,3% della popolazione ritiene che una donna è in grado di sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole. Il 23,9% pensa che le donne possano provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire. Il 15,1%, inoltre, è dell’opinione che una donna che subisce violenza sessuale quando è ubriaca o sotto l’effetto di droghe sia almeno in parte responsabile.
Ancora: il 7,4% delle persone ritiene accettabile sempre o in alcune circostanze che “un ragazzo schiaffeggi la sua fidanzata perché ha civettato/flirtato con un altro uomo”, il 6,2% che in una coppia ci scappi uno schiaffo ogni tanto. Rispetto al controllo, invece, sono più del doppio le persone (17,7%) che ritengono accettabile sempre o in alcune circostanze che un uomo controlli abitualmente il cellulare e/o l’attività sui social network della propria moglie/compagna. Sardegna (15,2%) e Valle d’Aosta (17,4%) presentano i livelli più bassi di tolleranza verso la violenza; Abruzzo (38,1%) e Campania (35%) i più alti. Ma nelle regioni le opinioni di uomini e donne sono diverse.
Per il 10,3% della popolazione spesso le accuse di violenza sessuale sono false (più uomini, 12,7%, che donne, 7,9%); per il 7,2% “di fronte a una proposta sessuale le donne spesso dicono no ma in realtà intendono sì”, per il 6,2% le donne serie non vengono violentate. Solo l’1,9% ritiene che non si tratta di violenza se un uomo obbliga la propria moglie/compagna ad avere un rapporto sessuale contro la sua volontà.
A una donna che ha subito violenza da parte del proprio compagno/marito, il 64,5% della popolazione consiglierebbe di denunciarlo e il 33,2% di lasciarlo. Il 20,4% della popolazione indirizzerebbe la donna verso i centri antiviolenza (25,6% di donne contro 15,0% di uomini) e il 18,2% le consiglierebbe di rivolgersi ad altri servizi o professionisti (consultori, psicologi, avvocati, ecc.). Solo il 2% suggerirebbe di chiamare il 1522, il numero gratuito attivo 24 h su 24 che accoglie con operatrici specializzate le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking.
“La violenza sulle donne non smette di essere emergenza pubblica e per questo la coscienza della gravità del fenomeno deve continuare a crescere”. Sono le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel messaggio diffuso in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Gli ultimi numeri sul fenomeno ne mostrano la drammaticità: 142 femminicidi, secondo Eures, nel 2018, 94 dall’inizio dell’anno. «Molto – ha sottolineato ancora Mattarella – resta ancora da fare» e «ogni donna deve sentire le istituzioni vicine».
Rimangono comunque nella memoria di chi scrive e certamente di tanti che leggono, sentenze aberranti tipo quella della Cassazione che nel 1999 ha annullato una condanna per violenza sessuale in quanto la ragazza, che portava un paio di jeans al momento dell’aggressione, non si era opposta con tutte le sue forze. Secondo i giudici “l’indumento non è sfilabile senza la fattiva collaborazione di chi lo indossa”. Anche trent’anni prima, a Sassari, un presidente di sezione per un caso di stupro, indossando la vittima di pantaloni di quelli che si non sfilano con facilità – anche in questo caso si trattava di jeans – provò a far capire che secondo lui la vittima “ci stava”. Già allora era una follia e infatti lo stupratore venne condannato.
Di anni da allora ne sono passati 50. Ma la mentalità dell’uomo, e non soltanto dell’uomo, è difficile da cambiare. E i drammatici numeri delle violenze di ogni genere, perpetrate a scapito delle donne in casa e fuori, da mariti compagni e amanti come da sconosciuti, In Italia praticamente una ogni 15 minuti (88 al giorno), non fanno che confermarlo.
A.B.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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