“Grande…”. E’ un Enrico Letta raggiante l’uomo che con un labiale da annali della storia della seconda repubblica commenta l’incredibile ripensamento di un Berlusconi scuro in volto costretto dalla fronda dei contestatori Pdl a chiedere di votare la fiducia al governo. Stamane al Senato, dopo giorni di insulti, minacce, delegittimazioni e caos l’ex premier ha dovuto alzare bandiera bianca e fare marcia indietro rispetto a quanto deciso solo poche ore prima. Con una scelta imprevista che rischia di approfondire non poco i contrasti nel centrodestra, Berlusconi salva il governo ma perde la faccia. Pur di non perdere il controllo del partito dove la sua leadership, fino a ieri, sempre e comunque fuori discussione, apre ora una nuova difficile fase politica per il Pdl. Il partito è nel caos. A questo punto il Cavaliere dovrà fare i conti con una fronda guidata dal segretario Alfano e dal costituzionalista Quagliariello i quali chiederanno come minimo la testa dei falchi che hanno voluto una sciagurata conta, finita nel ridicolo di una figuraccia che ha trasformato in farsa un chiarimento politico importante, in uno dei momenti più delicati e difficili del Paese.
Le immagini impietose dello psicodramma scoppiato nel Pdl stanno facendo il giro del mondo. Prima la cartellina con i nomi dei dissidenti ostentata dal costituzionalista Quagliariello entrando nell’aula di Palazzo Madama. Poi il foglietto di Alfano con i conti della crisi: 25 voteranno il governo, venticinque usciranno dall’Aula e solo un terzo voterà per la sfiducia. Poi l’affondo disperato per far riflettere l’ex padre padrone:”non possiamo far cadere il governo con il no di un terzo soltanto del gruppo…”. E il tutto mentre nei palazzi del potere, imperversava, nel ruolo di grande dispensatore di consigli, Domenico Scilipoti l’uomo per tutte le stagioni e tutti gli schieramenti che ha saputo vendere sempre con profitto e oculata veggenza ruolo incarichi e poltrona.
Il teatrino dei ricatti e dei ripensamenti, conclusosi con un ” abbiamo scherzato”, non piace però a nessuno. Il Pd ha già fatto sapere che questa manovra, “furbetta ed inutile”, non aiuterà a risolvere i problemi della maggioranza e, dunque, nemmeno quelli di Letta. I veri conti, confermano i leader, si faranno al congresso del partito, previsto per il prossimo autunno, quando tutto potrà essere rimesso in discussione, maggioranza e governo compresi. I dissidenti del Pdl non demordono e rilanciano. Formigoni e Cicchitto, nelle ore del ripensamento di Berlusconi, hanno confermato che “senza chiarimenti su organizzazione e linea del partito” la scelta di nuovi gruppi parlamentari diventerà un passaggio obbligato costringendo Berlusconi a rivedere strategie e comportamenti.
Gli ultimi fatti comunque hanno decretato la fine di un’epoca di assolutismo politico nel centrodestra e l’inizio di una stagione di confronto e proposte da verificare, con o senza la guida non più carismatica del Cavaliere.
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