La Sindone, il telo di lino custodito nel duomo di Torino con impressa l’immagine di un uomo che porta segni di maltrattamenti e torture compatibili con quelli descritti nella Passione di Gesù, sarà esposta sabato per una straordinaria ostensione in Mondovisione (Rai Uno, che trasmette in Italia, curerà le riprese per tutti i network). Questo lenzuolo è da sempre oggetto di controversie, dibattiti, verifiche e prove scientifiche. Dal 1898, anno in cui la Sindone fu fotografata per la prima volta scoprendo che l’immagine di quell’uomo era un negativo e non un positivo si sollevarono numerose questioni in seno alla comunità scientifica facendo riacutizzare il dibattito sulla sua autenticità. A documentare ora che la Sindone è realmente il lenzuolo sepolcrale di Gesù Cristo ci pensa Giulio Fanti, docente di Misure meccaniche e termine all’università di Padova, nel libro: “Il mistero della Sindone”, edito da Rizzoli. Fanti spiega al vaticanista di Famiglia Cristiana Saverio Gaeta, coautore della pubblicazione, che gli straordinari risultati di uno studio multidisciplinare promosso dall’Università di Padova, con la collaborazione di una quindicina di professori in atenei diversi, confermano attraverso analisi chimiche e meccaniche l’antichità del telo databile al I secolo. Le indagini sono state possibili grazie ad alcuni campioni di fibre e di polveri prelevati in tempi passati dalla Sindone, e recentemente messi a disposizione del professor Fanti dai legittimi detentori. Prima di tutto la ricerca dimostra in modo inoppugnabile che la datazione al carbonio14 eseguita nel 1988, che faceva risalire al Medioevo l’epoca di realizzazione del tessuto, è stata inficiata da clamorosi errori metodologici e che, inoltre, il laboratorio di Tucson non eseguì la datazione di uno dei frammenti concessi dal custode della Sindone con l’autorizzazione della Santa Sede. Tre nuove analisi, due chimiche (Ft-Ir e Raman) e una meccanica multi-parametrica, concordano invece nell’affermare che il lino sindonico risale proprio al tempo in cui Gesù Cristo fu crocifisso a Gerusalemme. Per ottenere tale risultato è stata addirittura realizzata un’originale macchina per prove di trazione in grado di valutare fibre estremamente piccole. Gli eccezionali risultati conclusivi indicano per le fibre della Sindone tre diverse date, la cui semplice media aritmetica è 33 a.C., compatibile con la data storica della morte e risurrezione di Gesù Cristo attribuita dagli storici all’anno 30 dell’era moderna. Inoltre Fanti riesamina le ipotesi sulla formazione dell’impronta sul telo sindonico, e attraverso nuove prove sperimentali e simulazioni al computer propone una sua teoria: che sia l’effetto di un intenso campo elettrico (chiamato “effetto corona”). La condizione che meglio sembra riprodurre l’immagine sindonica prevede un campo elettrico verticale in un ambiente avente il soffitto carico, le pareti laterali isolanti e il pavimento posto elettricamente a terra: ne risulta così un campo elettrico con prevalente direzione verticale. Negli esperimenti condotti a Padova, l’entità e la distribuzione superficiale del campo elettrico su un lenzuolo simile a quello della Sindone, avvolto attorno a un manichino digitale, corrispondono proprio all’immagine sindonica. Secondo Fanti, inoltre, “ulteriori informazioni sulle condizioni fisiche dell’uomo della Sindone”, di fatto confermano l’identificazione con Gesù sulla base di “quanto i Vangeli hanno tramandato sulla passione di Gesù: la posizione della mano destra e delle dita distese mostra una lussazione alla spalla; l’uomo ha ricevuto un colpo da dietro, che lo ha fatto cadere e gli ha provocato una paralisi che non gli consentiva più di portare la croce sulla spalla (di qui l’intervento del Cireneo); anche l’occhio destro ha avuto i nervi paralizzati; il sangue fuoruscito dal costato è tipico di un emotorace. L’osservazione delle particelle rinvenute sulla superficie sindonica ha rilevato infine la compatibilità con la polvere tipica del suolo di Gerusalemme e ha evidenziato la presenza della spora Aspergillus glaucus (rinvenuta anche sul Sudario di Oviedo) e del polline di Phyllirea angustifolia (identificata in precedenza dall’esperto svizzero Max Frei) e di Cedrus libani (importante perché è un riferimento mediorientale)”.
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