Sei tra quelle persone che tutte le mattine, al momento di uscire di casa, inizia freneticamente la caccia al proprio smartphone, e ti serve un partner che con il suo apparecchio ti aiuti a rintracciare il tuo facendolo squillare, sempre che tu non l’abbia lasciato per tutta la notte con la vibrazione al posto della suoneria? Anche tu, se uomo, accarezzi più volte la tua tasca per accertarti di averlo riposto lì e non altrove? Se donna, invece, cominci a rovistare nervosamente nella borsetta, tirando infine fuori l’universo mondo in essa compresso? Bene, puoi serenamente ritenerti affetto/a da nomofobia. Già il suffisso fobia mette sull’avviso: si tratta della paura incontrollata di rimanere sconnessi dal contatto con la rete di telefonia mobile (no – mobile phone – fobia). Il termine è stato coniato in occasione di uno studio commissionato a YouGov, un qualificato ente di ricerca britannico, da Stewart Fox-Mills, responsabile del settore telefonia di Post Office Ltd. Lo studio ha rilevato che quasi il 53 % degli utenti di telefono cellulare in Gran Bretagna tendono a mostrare uno stato ansioso quando “perdono il loro cellulare, esauriscono la batteria o il credito residuo o non hanno copertura di rete”. Lo studio ha rilevato che circa il 58 per cento degli uomini e il 48 per cento delle donne soffrono di questa fobia, e che un altro 9 per cento è stressato quando il cellulare è fuori uso. Delle persone prese in esame, poi, il 55 per cento indicava il bisogno di tenersi in contatto con amici e familiari come causa principale dello stato ansioso che li assale quando non possono usare il cellulare. Lo studio ha inoltre rilevato che i livelli di stress indotto mediamente dalla nomofobia sono paragonabili allo stato di agitazione percepito il giorno prima delle nozze o quando si è costretti a ricorrere alle cure odontoiatriche.
La necessità di essere rintracciabili in ogni momento per motivi di lavoro oppure per una ipotetica urgenza indifferibile di qualche familiare in realtà sono molto spesso semplici scuse per non dover riconoscere che ormai di questa ingegnoso apparecchio elettronico, che permette anche di trasferire denaro e pagare le varie utenze con il semplice scatto e successivo invio della fotografia del bollettino, non possiamo più farne a meno.
La realtà, però, è che la stessa sindrome colpisce ancora più facilmente i più giovani se si valuta che il 37% dei nativi digitali dai 10 ai 12 anni (dati del 2014 del rapporto europeo Net Children Go mobile del 2014) quotidianamente usano i cellulari, percentuale che aumenta fino al 51% nella fascia 13-14 anni e che supera il 60% tra i 15enni.
A sentire la cronaca, poi, il telefonino diventa la fonte di tutti i mali: atteggiamenti che sconfinano nel bullismo o in stalking, insulti di vario genere e filmati di episodi che qualche anno fa avrebbero subito forti tagli dalla censura. Alcuni giorni fa un preside di una scuola media di Parma ha reso pubblici uno scambio di insulti poco edificanti che alcuni studenti si scambiavano su Whatsapp. Il dirigente scolastico ha poi motivato la sua scelta con toni molto accesi: «Siamo stufi di questo assurdo mondo parallelo che ci inquina, siamo stufi dell’assenza degli adulti. È ora di prendere in mano il cellulare dei nostri figli, di guardarci dentro (perché la privacy nell’educazione non esiste), di reagire, di svolgere in pieno il nostro ruolo di adulti, senza alcuna compiacenza, tolleranza bonaria o, peggio, sorniona complicità. Non serve andare dal preside e chiedere cosa fa la scuola quando la vittima di turno non ha più il coraggio di uscire di casa. È troppo tardi. Cominciamo a fare qualcosa tutti. Ora». Possiamo dargli torto?
Il 12% degli adolescenti europei è stato oggetto di episodi di bullismo o la variante del sexting (lo scambio di foto a sfondo sessuale) online contro un 23% che l’ha sperimentato nella vita reale magari nei corridoi della scuola.
Per fortuna i cellulari vengono utilizzati dai ragazzi anche a fini sociali: il 45% degli adolescenti italiani possiede uno smartphone e il 59% lo usa principalmente per mantenere un contatto costante con gli amici sui social network. Al genitore spetta comunque il compito di monitorare il telefonino dei minori e di limitarne l’uso. Per questo occorre l’abitudine al dialogo col proprio figlio e una certa attenzione ai primi segnali di disagio, con o senza telefonino. Se uno studio della Duke University “Seven Fears and the Science of How Mobile Technologies May Be Influencing Adolescents in the Digital Age”, evidenzia l’abitudine degli adolescenti americani a scambiarsi on line le stesse impressioni e gli stessi commenti che di abitudine fanno prima di entrare in classe, o durante l’intervallo tra le lezioni – simpatie e antipatie sui prof, primi amori, la musica preferita, la lista dei desideri – l’occhio del genitore deve essere però vigile in altri momenti: la sera, quando l’utilizzo prima di dormire ostacola e rovina la qualità del sonno dei giovanissimi (ma anche negli adulti) e l’effetto multitasking, cioè l’abuso di console tecnologiche che può portare a un impoverimento del quoziente intellettivo e delle relazioni sociali e a performance scolastiche deludenti.
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