Cinquanta miliardi di euro in tre anni. Questa la richiesta di aiuto formalizzata da Atene al Fondo salva stati. Più che aiuti, un vero e proprio terzo salvataggio che, adesso, dovrà essere valutato dalle istituzioni europee.
I passaggi non saranno immediati, soprattutto ogni decisione che verrà assunta dall’Eurogruppo dovrà poi essere vagliata dai governi dei singoli paesi che, in sede nazionale, dovranno decidere se materialmente aiutare la Grecia o meno.
La maratona per scongiurare la Grexit vedrà sabato una nuova riunione straordinaria dei ministri delle finanze dei Paesi dell’Eurozona, e domenica i due vertici – a 18 e a 28 – degli stati membri.
In ogni caso, e certamente prima della ipotetica terza iniezione di denaro nelle casse di Atene, i creditori attendono un piano da Alexis Tsipras. Una “proposta realistica” come definita dal Presidente del consiglio europeo Donald Tusk. “Ho parlato con il primo ministro Tsipras – ha affermato – Spero arrivino proposte concrete”. Se dovesse accadere la palla passerebbe ai creditori. E non sembra campata in aria l’idea, timidamente ventilata dallo stesso Tusk nel riferirsi alle “proposte altrettanto realistiche sulla sostenibilità del debito da parte dei creditori”, che si possa arrivare a una quadra sull’idea di alleggerimento delle passività elleniche.
Ieri la direttrice del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, ha ribadito che “il programma deve poggiare su due gambe: riforme e ristrutturazione del debito. La nostra posizione non è cambiata”.
Il capo economista del Fmi, Olivier Blanchard, a margine della conferenza sull’aggiornamento del World Economic Outlook, ha garantito che si sta lavorando per “un accordo con la Grecia affinchè resti nell’area euro”.
“Non c’è dubbio che la Grecia abbia sofferto – ha aggiunto – ma soffrirebbe ancora di più in caso di Grexit”. Soprattutto, l’economista ha chiarito che esistono “link meccanici tra Grecia e il resto del mondo” ma questi sono “limitati”. Questo è “rassicurante ma non completamente: possono esserci contagi a causa di motivi non noti”. Per questo, l’auspicio degli analisti è quello di una “azione politica tempestiva” che “potrebbe aiutare a gestire tali rischi se si dovessero materializzare” ipotesi di contagio.
Scettico, in ogni caso il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, i cui attriti con Varoufakis hanno scandito la trattativa fino a domenica scorsa.
Schaeuble si è rivolto al nuovo ministro delle Finanze Efklidis Tsakalotos e gli ha chiesto di procedere con le riforme, cosa che darebbe fiducia al sistema. “Andate nel vostro parlamento e ‘just do it’. Creerebbe un’incredibile fiducia” ha dichiarato, aggiungendo però, con nemmeno troppo celato sarcasmo, che “la mia fantasia sulla possibilità che da qui a domenica alle 24 riceveremo notizie su misure in grado di creare fiducia è molto limitata”.
Ad Atene, intanto, si lavora sul piano da presentare all’Ue e sul quale negoziare: a quanto si apprende, si prevedrebbe un taglio alle spese strutturali e un aumento della tassazione per 12 miliardi di euro complessivi.
Sul piano pratico, invece, continueranno a rimanere chiuse le banche almeno fino a lunedì, giornata in cui, secondo le stime, dovrebbe esaurirsi il denaro circolante e, quindi, azzerarsi la liquidità, salvo ovviamente che la Bce non intervenga in maniera differente e aumenti il limite di liquidità di emergenza.
In queste giornate di risiko politico economico, suona come un monito più incombente del solito il rapporto annuale della commissione Ue, presentato oggi.
Secondo la fotografia scattata dagli esperti di Bruxelles, nel 2014 l’Italia ha staccato il cartellino del Paese con maggior numero di procedure di infrazione aperte – 89 – a pari merito proprio con la Grecia. Stessa poco invidiabile posizione nella classifica delle pre procedure aperte – 139 – quella delle pre procedure che si trasformano in procedure di infrazione vere e proprie – 31 – , e quella delle procedure di infrazione che avanzano al secondo step del percorso, quello con parere motivato (20).
Insomma, se i riflettori, per urgenza e contingenza, illuminano il Partenone, il rischio che subito dopo possa finirci il Colosseo, se non per motivi meramente economici per quelli di adempimenti a norme e regolamenti europei, è decisamente elevato.
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