L’Italia non dimenticherà le nove vittime dell’attentato di venerdì scorso a Dacca, capitale del Bangladesh. Lo ha detto oggi il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, nella sua audizione a Palazzo Madama sulla strage.
“Quando uccidono nove connazionali, l’Italia risponde unita”, ha detto il ministro in Senato.
È un messaggio che dobbiamo dare molto chiaro, deve essere una risposta decisa. Dobbiamo dire con fermezza che Daesh, il terrorismo fondamentalista, a maggior ragione dopo questa strage, non avrà tregua da parte nostra.
Secondo Gentiloni, la rivendicazione della strage da parte dell’ISIS è dunque attendibile. Lo suggeriscono le valutazioni svolte nei giorni scorsi, anche con l’aiuto di esperti internazionali.
Tra quelle valutazioni ci sono anche le autopsie sulle nove vittime italiane, eseguite nel policlinico Gemelli di Roma dalle équipe dei medici legali Vincenzo Pascali e Antonio Oliva. E gli esiti degli esami non sono rassicuranti. I corpi dei nostri connazionali portavano segni di vario tipo: tagli praticati con armi affilate – forse machete –, mutilazioni, ma anche segni di proiettili d’arma da fuoco e di esplosivo. L’unico segno che manca è quello di un colpo di grazia, che avrebbe potuto evitare loro un’agonia straziante.
Gli uomini che hanno fatto questo, i terroristi che hanno sottoposto i loro ostaggi a torture lente e dolorose, sono “una minaccia globale”, ha detto ancora il ministro Gentiloni, che ha “forme diverse” – ISIS, al-Qaeda e “diversi gruppi jihadisti locali” – ma “un comune denominatore e la capacità simbolica di attrazione di Daesh”.
“Certo che siamo bersagli”, ha proseguito:
Bersagli in quanto italiani, occidentali, in quanto difensori della nostra società. Ma è altrettanto certo che il terrorismo colpisce in modo discriminato e prende a bersaglio Paesi di valore islamico.
Il riferimento è alle vittime della strage di Baghdad: a una settimana dall’attacco, il loro numero ormai sfiora quota trecento, e il bilancio non ha ancora smesso di aggravarsi. L’attentatore suicida ha colpito nella notte fra sabato e domenica: si è fatto saltare con l’auto carica di esplosivo in un centro commerciale gremito. Nel mese sacro di Ramadan i negozi restano aperti dopo il tramonto, quando mangiare e bere tornano leciti, fino a tarda notte.
Ma oggi si è versato altro sangue anche in Bangladesh. A Kishoreganj, una città a un centinaio di chilometri da Dacca, un commando ha sparato all’impazzata sulla folla riunita in piazza per festeggiare la fine del Ramadan. Sono morte almeno quattro persone: due agenti di polizia intervenuti per bloccare gli attentatori, un membro del commando e un’altra donna. I feriti sarebbero almeno dodici.
F.M.R.
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