Londra l’aveva condannata a morte. Ma il Gaslini di Genova è riuscito nel miracolo di mettere fuori pericolo la piccola di origini arabe che il sistema sanitario inglese aveva decretato come caso irreversibile. Onore alla medicina italiana, ma anche ai giudici dell’Alta Corte britannica che venendo incontro alle richieste dei genitori aveva evitato di staccare la spina alla bambina che era rimasta in coma dopo la rottura di un vaso celebrale, e ai bravissimi specialisti di uno dei maggiori ospedali pediatrici che il mondo ci invidia. Diciamo queste cose senza enfasi, ma con la consapevolezza che in campo medico, nei limiti del possibile, non si dovrebbe mai gettare la spugna. Tanto più in presenza di giovani e giovanissime vite.
Ricordiamo i fatti. Tafida Raqeeb, la bimba di 5 anni in gravi condizioni trasferita il 15 ottobre all’ospedale Gaslini da Londra, dopo la battaglia avviata dai genitori perché non le venisse interrotto il supporto alle funzioni vitali come chiesto dal Royal London Hospital, è uscita dal reparto di rianimazione del pediatrico dove si trovava dal 30 ottobre 2019. Gli specialisti ne hanno disposto il trasferimento nell’hospice dove sarà sottoposta a cure riabilitative e allo svezzamento parziale della ventilazione assistita. Tafida, in coma dopo l’operazione subita a Londra per la rottura di un aneurisma cerebrale, era arrivata al Gaslini il 15 ottobre, dopo che Alistair MacDonald, giudice dell’Alta Corte d’Inghilterra, aveva dato ragione ai genitori della piccola che erano ricorsi alla giustizia inglese dopo la decisione del Royal London Hospital di interrompere le cure. Il 3 ottobre la decisione di McDonald con la quale era stato disposto il trasferimento al Gaslini, che si era offerto di curarla, con un aereo-ambulanza.
“L’opinione dei medici inglesi espressa di fronte alla Alta Corte di Londra e la prognosi che era stata fatta si sono dimostrate sbagliate e la prova è la stessa Tafida. Oggi per noi è un giorno speciale”, ha detto la madre di Tafida Shelina Begum.
Dal punto di vista della coscienza “la bimba è sostanzialmente stabile ma è estremamente difficile capire qual è il suo grado di partecipazione all’ambiente e nel dubbio ci si deve sempre comportare come se la partecipazione fosse maggiore di quella che noi riusciamo a percepire”. Lo ha detto il responsabile del centro di rianimazione neonatale e pediatrica del Gaslini Andrea Moscatelli. Tafida “non ha manifestato segnali che possono in maniera univoca definire uno stato di coscienza ed è per questo che abbiamo cercato di ‘comprare del tempo’”. “Inizia a poter stare mezz’ora o un’ora staccata dal ventilatore. Quindi inizia a poter respirare autonomamente. L’obiettivo è quello di consolidare questo risultato”, ha aggiunto Moscatelli.
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