Quando anche lo stupro è di parte, allora sì che si può negare una targa alla memoria di una sfortunata tredicenne pestata, violentata, uccisa con un colpo di pistola da partigiani comunisti perché ritenuta una informatrice dei fascisti.
Ci sono morti e morti e ci sono commemorazioni di serie A e di serie B, lo sappiamo bene. Chi non lo ha vissuto in senso temporale lo ha appreso dai libri di storia, quando l’autore omette o riporta distorcendolo uno o più episodi realmente accaduti. Ci sono voluti quasi sessant’anni (dal 1947 al 2004), ad esempio, perché anche all’eccidio delle Foibe fosse dedicata una solennità civile nazionale (il Giorno del Ricordo, che dal 2004 si celebra il 10 febbraio).
Oggi il problema è dedicare una tavoletta di marmo alla ragazzina di Savona Giuseppina Ghersi, uccisa perché si è trovata, secondo chi l’ha punita con la morte, dalla parte sbagliata, dalla parte dei perdenti. Il problema si duplica, perché si fa avanti l’Anpi a protestare, l’associazione che rappresenta proprio quelli che l’hanno martirizzata.
«Giuseppina Ghersi – dice Samuele Rago, presidente provinciale dell’Anpi – al di là dell’età, era una fascista. Eravamo alla fine di una guerra, è ovvio che ci fossero condizioni che oggi possono sembrare incomprensibili. Era una ragazzina, ma rappresenta quella parte là. E una iniziativa del genere ha un valore strumentale: protesteremo col Comune di Noli e con la prefettura».
Ma si può davvero fare un distinguo politico così crudo, a oltre 70 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, bypassando completamente la crudeltà di una storia che ha visto una bambina, figlia di una famiglia non iscritta al partito fascista, che fu premiata direttamente da Mussolini per aver svolto con merito un concorso a tema quando era studentessa delle magistrali, sequestrata da tre partigiani comunisti e seviziata per giorni? La mattina del 25 aprile 1945 Giuseppina fu portata nei locali della Scuola Media “GuidoBono”, a Legino, adibito a Campo di Concentramento per i fascisti. Le tagliarono i capelli e le cosparsero la testa di vernice rossa. Fu pestata a sangue e stuprata sotto lo sguardo impietrito dei genitori, anche loro deportati e imprigionati. Solo cinque giorni dopo, il 30 aprile, Giuseppina, fu giustiziata con un colpo di pistola alla nuca e il suo corpo gettato, insieme ad altri, davanti al cimitero di Zinola.
A proporre la targa il consigliere comunale Enrico Pollero, di centrodestra e con un padre partigiano. “Dopo aver letto la storia di Giuseppina ho pensato che bisognava fare qualcosa per ricordare una bambina di 13 anni uccisa senza motivo”. Pollero punta ad una “vera riappacificazione” sostenuto dal sindaco della cittadina del ponente ligure, medaglia d’oro della resistenza. Giuseppe Niccoli, primo cittadino di Noli, rassicura infatti che la lapide sarà inaugurata in piazza Fratelli Rosselli («altro sfregio», ribatte l’Anpi) il 30 settembre: «I bambini non hanno colpe». Su questo siamo d’accordo tutti, o quasi. Non l’associazione nazionale dei partigiani che furono.
Ora dobbiamo solo attendere se il buon senso e la pietà avranno la meglio. Giuseppina aveva 13 anni e per questo la sua morte deve ancora oggi far gridare allo scandalo.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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