La tempesta che si è abbattuta sui vertici del calcio mondiale non accenna a diminuire d’intensità. Dopo l’arresto di nove alti dirigenti FIFA accusati di corruzione aggravata, frode, riciclaggio e associazione a delinquere, ora gli occhi di tutti sono puntati su Joseph Blatter, il padrone del giocattolo.
L’accusa mossa dalla Procura federale USA è di aver costruito un sistema di tangenti che avrebbe governato l’assegnazione dei campionati mondiali negli ultimi vent’anni e più. Ma il sospetto, tutto da dimostrare, è che all’ombra di Blatter, che non poteva non saperne niente, la corruzione la facesse da padrona. Tutti prendevano soldi, tutti davano soldi per ottenere ciò che faceva loro più comodo? Molte troppe cose fanno propendere per il si.
Queste considerazioni hanno avuto un’eco internazionale anche in campo politico, che ha convinto a scendere in campo addirittura il presidente russo Vladimir Putin.
Gli arresti, secondo quanto sostiene il presidente, “sembrano quantomeno molto strani, perché sono stati effettuati su richiesta della parte americana. Si può presumere che qualcuno di loro abbia fatto qualche violazione, io non lo so, ma è ovvio che gli Usa non hanno nulla a che fare con questo”.
Il presidente teme che i risultati dell’inchiesta mettano in dubbio l’assegnazione alla Russia dei mondiali del 2018, e che dietro l’indagine della Procura federale si nasconda un disegno politico degli USA.
Intanto le critiche piovute su Blatter mettono a rischio la sua proverbiale imperturbabilità. Il numero uno della FIFA non ha alcuna intenzione di lasciare il timone del sistema-calcio, che regge senza interruzioni dal 1998. Domani, a Zurigo, la FIFA deciderà se confermarlo presidente per il suo quinto mandato consecutivo.
Blatter non è indagato – lo ha confermato anche Loretta Lynch, Segretario alla Giustizia USA – ma il sisma che ha decimato i suoi collaboratori più stretti non ha lasciato immobile la sua poltrona. Probabilmente sarà rieletto comunque, ma l’affare non sembra più scontato come pochi giorni fa, e il suo unico sfidante, il principe giordano Ali bin al-Hussein, vicepresidente FIFA per l’Asia, non è più solo uno sparring partner.
Paradossalmente, a scatenare la prima scossa del terremoto è stata la FIFA stessa. L’avvocato Michael Garcia, l’uomo che ha consegnato all’FBI il dossier con i nomi dei dirigenti accusati, era stato incaricato dalla stessa federazione di indagare sui sospetti di corruzione che la riguardavano.
L’operazione, come scoprì Garcia con suo grande rammarico, era soprattutto di facciata: serviva a convincere i media e le federazioni nazionali che l’assegnazione dei mondiali 2018 e 2022 a Russia e Qatar si era svolta in modo regolare, anche se non proprio immacolato.
Ma Garcia, un ex procuratore distrettuale di New York esperto di lotta alla corruzione, non accettò di partire da conclusioni già scritte. Fra il 2012 e il 2014, al grido di “nessuno è al di sopra del codice etico”, scoprì un tentacolare sistema di mazzette che prosperava da vent’anni, e lo raccontò in un dossier di 430 pagine.
La FIFA prontamente lo insabbiò: a settembre 20l4 il presidente dell’organismo giudicante interno alla federazione internazionale, il tedesco Hans-Joachim Eckart, ne presentò una sintesi addomesticata che stava tutta in 42 fogli. Garcia la liquidò come “lacunosa, erronea ed incompleta, sia nei fatti che nelle conclusioni”. Quando la FIFA gli negò il ricorso in appello, si rivolse all’FBI, e il resto è storia nota.
Blatter è arrivato alla vigilia della rielezione ostentando superiorità e proclamando di essere sempre stato dalla parte della legalità. Ora, però, bisognerà capire se la rete di relazioni personali che ha saputo intessere negli ultimi diciassette anni con maestria, e che lo ha sempre tenuto al riparo da critiche, accuse e scandali piccoli e grandi, potrà resistere alla forza dirompente dell’inchiesta internazionale.
Il più potente sostenitore del principe Ali è sicuramente Michel Platini, presidente UEFA – anche lui di lungo corso: è al terzo mandato – e da sempre rivale dichiarato di Blatter. Qualche anno fa si sospettava addirittura che Roi Michel ci volesse mettere la faccia, candidandosi contro il colonnello, ma poi ha preferito restare al comando della federazione europea.
La sua proposta – rinviare di sei mesi le elezioni, per dar modo alle indagini di svilupparsi e produrre una verità giudiziaria coerente – ha incontrato però aspre resistenze da parte delle altre federazioni: i delegati africani, asiatici e sudamericani, così come molti dell’Europa orientale, sono compatti al fianco di Blatter.
La rielezione del colonnello resta insomma lo scenario più probabile. Questo spiega anche le defezioni degli altri tre candidati che all’inizio partecipavano alla corsa alla poltrona: l’ex vicesegretario generale Jerome Champagne, il presidente della federcalcio olandese Michael Van Praag e l’ex calciatore Luis Figo.
È stato proprio il portoghese, oggi, a denunciare la “dittatura” di Blatter: “Un uomo solo comanda sugli altri, da troppi anni, e impedisce che la democrazia trionfi”. Figo ha accusato anche il sistema elettorale di essere sbilanciato a favore del presidente: “È un plebiscito per consegnare il potere nelle mani di un solo uomo”.
Oltre a Platini e Figo, altri sportivi di prima grandezza si sono schierati apertamente contro Blatter. Diego Armando Maradona gli ha rivolto a un epiteto secco e lapidario: “Ladro”. Durissimo il commento del fuoriclasse brasiliano Romario, che alla fine della carriera sportiva si è dato alla politica ed è senatore: “Le autorità svizzere hanno svolto oggi un’operazione in una tana di topi ed hanno arrestato diversi funzionari del calcio mondiale”. Silenziosi, invece, quasi tutti gli sportivi in attività.
La presa di posizione che avrà gli effetti più grandi sulla tenuta del trono di Blatter, però, deve ancora arrivare: è quella degli sponsor.
Tra i partner della FIFA ci sono tante multinazionali americane: è il caso di Coca-Cola, McDonald’s, Budweiser, Nike, Visa. Ora potrebbero essere tentate di collaborare con gli inquirenti o anche di ritirare il loro sostegno alla Federazione.
Visa, ad esempio, ha espresso la sua “delusione e preoccupazione” in un comunicato inequivocabile: “Come sponsor ci aspettiamo che la Fifa intraprenda azioni rapide e immediate e affronti queste questioni all’interno della sua organizzazione”.
Se i dollari dovessero seguire la via tracciata dalle parole, per il regno di Blatter potrebbe essere il principio della fine.
Filippo M. Ragusa
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