Signori uomini, il seguente messaggio è per coloro che appartengono a quella categoria di persone che certi momenti della vita preferiscono assaporarseli fino in fondo, goderseli in maniera spensierata, e, per farlo, ricorrono ad un aiutino frutto di combinazioni chimiche. L’informativa è rivolta in particolare a quei cinque milioni di italiani che “preferiscono ‘proteggere’ la propria privacy ricorrendo a discreti, ma incauti acquisti” utilizzando il canale web.
Stiamo parlando di prodotti contro l’impotenza sessuale, venduti “su farmacie online straniere spesso con sede in Asia e in India, che neppure chiedono la necessaria prescrizione medica, ma che sovente rifilano prodotti contraffatti, o confezionati senza rispettare le norme di buona fabbricazione a cui sono soggette invece le aziende farmaceutiche italiane”. Con l’aggravante, che neppure la riservatezza che ciascun acquirente auspica, viene garantita.
L’appello è del presidente di Federprivacy, Nicola Bernardi.
“Se non fosse per il fatto che la vendita online di farmaci soggetti a prescrizione medica è vietata – ricorda – poter acquistare certi medicinali da siti web italiani darebbe certamente maggiore fiducia al consumatore, e paradossalmente ciò sembrerebbe possibile navigando in rete alla ricerca del farmaco che cura la disfunzione erettile: digitando semplici parole chiave come ‘compra viagra online’ su Google o su altri motori di ricerca, compaiono infatti decine e decine di risultati, di siti di comuni, province, enti, aziende, sindacati, e perfino Ordini dei Medici, che inverosimilmente sembrano proporre sul proprio dominio web farmaci come appunto viagra, pillole anti calvizie, e anche antidepressivi”.
“Queste pagine – prosegue – pare siano frutto del lavoro di hacker malintenzionati che riescono ad accedere fraudolentemente ad aree protette del sito, e a pubblicare così pagine web farlocche fatte ad arte che reindirizzano alle famigerate farmacie lontane migliaia di chilometri”.
Insomma, esiste il pericolo reale di essere tratti in inganno pensando che sia davvero il Comune o un’altra pubblica amministrazione a dispensare il farmaco, ma sembra che la questione evidenzi lacune ancor più gravi: “Se i cybercriminali sono in grado di entrare in modo così disinvolto nel sito di una pubblica amministrazione italiana e di mettere online dei contenuti pubblicitari a loro piacimento – spiega Bernardi – possono di conseguenza anche visualizzare e/o alterare dati personali riferiti ai cittadini”.
In conclusione, “viene da domandarsi quindi se i titolari di questi siti web mettano o no a disposizione i necessari budget per la sicurezza informatica e la formazione del personale, e se in tali aziende sia stato designato un responsabile privacy, (il privacy officer), a cui dovrebbe essere assegnato il compito di vigilare sulla correttezza dei trattamenti, per evitare le sanzioni del Garante della Privacy, nonché risarcimenti che gli interessati possono chiedere per i danni subiti”, dice ancora il presidente di Federprivacy.
Una situazione che ancora una volta va a danno dei cittadini, sia perché sono esposti a incauti acquisti o vere e proprie truffe in base a quello che vedono sullo schermo del proprio computer, ma anche perché i loro dati personali che possono essere contenuti in tali siti non sono debitamente protetti come invece prescrive il Codice della Privacy. Una lista di alcuni dei siti hackerati è disponibile sul sito di Federprivacy.
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