Sindacati ed imprese frenano lo sviluppo e ritardano non poco i tempi della ripresa, timida ma pur sempre ripresa che faticosamente l’Italia sta cercando di portare a casa, dopo cinque anni di crisi. A bacchettare le parti sociali nostalgiche della concertazione stavolta è il governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco. Con un assist senza precedenti al premier Matteo Renzi, che di recente ha avuto scontri verbali a distanza tanto con il sindacato che con Confindustria l’inquilino di Palazzo Khoc intervenendo alla celebrazione del centenario della nascita dell’economista Guido Carli, alla Luiss di Roma, ha rilanciato le tesi di Palazzo Chigi indicando nelle “rigidità legislative, burocratiche, corporative, imprenditoriali e sindacali”, come l’elemento che da sempre costituisce “la remora principale allo sviluppo del nostro Paese”. Parole durissime rilanciate qualche lustro dopo il suo illustre predecessore e con riferimento ai soliti “lacci e lacciuoli” per l’economia che non hanno mai consentito all’Italia di raggiungere obiettivi di eccellenza nell’ambito di crescite economiche durature.
Le reazioni non si sono fatte attendere e a replicare per primo è stato il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, secondo il quale “ci sono alte autorità che spesso parlano a vanvera”. “Non si può fare di ogni erba un fascio”, ha aggiunto. Gli ha fatto eco la leader della Cgil, Susanna Camusso: “Mi sembra un riproporre ricette che hanno già mostrato il loro fallimento”.
Tornando a Visco, per il governatore le conseguenze dell’immobilismo della politica e della società italiana “sono diverse da quelle che si manifestavano negli anni Settanta: mentre allora era l’inflazione, oggi è il ristagno” dell’economia, che effettivamente fatica a imboccare con decisione la via della ripresa, ha spiegato ancora il governatore. I “segnali di risveglio che vediamo sono incoraggianti”, ha concesso precisando però che “vanno confermati con un’azione riformatrice costante: solo affrontando risolutamente i nodi strutturali” sarà possibile riprendere un sentiero di crescita robusta e duratura.
La fotografia dell’Italia post crisi non fa sconti: “Siamo scivolati indietro, abbiamo accumulato ritardi nel cogliere le opportunità offerte dai grandi cambiamenti: la globalizzazione degli scambi e la rivoluzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione”. Il fatto è che in questo tempo perso “la nostra economia ha subito un ferita: né l’impulso della spesa pubblica, pur se orientata nelle direzioni più congrue, né l’espansione creditizia, pur se attuata con coraggio, varranno, da soli, a restituirle vigore”, ha spiegato ancora il numero uno di Palazzo Koch. “Occorrerà che durante un certo intervallo temporale – ha proseguito Visco, sempre citando Carli – si realizzino incrementi della produttività in modi compatibili con i più progrediti assetti che si mira a stabilire nella vita aziendale e nelle condizioni di lavoro. Se ciò non accadrà saremo costretti ad accettare saggi di sviluppo inadeguati”.
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