“Vietato riutilizzare la mascherina chirurgica”. Son le indicazioni del presidente Iss Brusaferro in merito alla sicurezza della meno costosa e più semplice da reperire protezione per le vie aeree.
Una notizia al giorno non toglie il virus di torno, anche se è accertato che la carica virale della Sars CoV19 è ora dieci volte inferiore rispetto al mese di marzo.
Ieri l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ci metteva in guardia dal sentirci riparati da una FFP1-2 o 3, in quanto sono barriere che da sole non bastano a proteggere sé e gli altri dal contagio. Oggi l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ci fa sapere che “uno studio in laboratorio ha rilevato parti di virus nella parte interna delle mascherine (quelle più utilizzate, ovverso le chirurgiche, ndr) dopo 7 giorni dall’inoculo”.
A spiegarlo è Rosa Draisci, del Centro nazionale sostanze chimiche, prodotti cosmetici e protezione del consumatore dell’Istituto superiore di sanità, rispondendo a una domanda nel corso dell’audizione del presidente Iss Silvio Brusaferro alla Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati. “Si tratta di una sperimentazione che prevedeva il rilevamento dei virus nelle diverse superfici. Nella parte interna delle mascherine – ha detto Draisci – è risultato” rilevabile “fino a 7 giorni”.
In pratica, le mascherine chirurgiche sono “efficaci due, massimo sei ore” perché “ad oggi non ci sono strumenti e metodologie che ne garantiscano il riutilizzo con le stesse performance”. Per “quelle di comunità (sono le mascherine che non sono soggette a particolari certificazioni -come previsto dall’articolo 16 comma 2 del DL del 17 marzo 2020- quindi non devono essere considerate né dei dispositivi medici, né dispositivi di protezione individuale, ma una misura igienica utile a ridurre la diffusione del virus Sars-CoV-2), si può ragionare in base al tipo di materiale utilizzato”, ma in generale per la mascherina “chirurgica ad oggi non ci sono evidenze circa un loro possibile riutilizzo, per quelle di comunità invece in relazione al tipo materiale può essere valutato” un loro eventuale riutilizzo.
Il presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss), Silvio Brusaferro, lo dice in audizione alla Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, la ‘Ecomafie’, sulla gestione dei rifiuti legata all’emergenza Covid-19. Le mascherine chirurgiche sono “uno strumento normato a livello internazionale con determinati requisiti”, e hanno “caratteristiche di filtraggio e resistenza agli schizzi particolari, normate UNI, che vanno rispettate”, spiega Brusaferro, ribadendo che le mascherine chirurgiche hanno “prestazioni particolari e sono fatte con materiale particolare”. Invece, per “quelle di comunità si può ragionare” su un loro eventuale riutilizzo, “in base al tipo di materiale utilizzato- spiega il presidente ISS- non hanno particolari caratteristiche e standard di filtraggio, ma sono sostanzialmente strumenti barriera che possono essere usati in ambito comunitario”, e “in base al materiale e’ eventualmente riutilizzabile”. Sottolineando che le mascherine “Ffp2 e Ffp3 non sono citate”, le mascherine “chirurgiche non possono avere standard meno stringenti”, precisa Brusaferro, mentre quelle di “comunità possono avere requisiti meno stringenti”.
Intanto, però, a livello di ricerca e di produzione si studiano materiali riutilizzabili per le mascherine, e il “tema va promosso per ridurre il carico, la quantità di materiale che genera rifiuto- conclude il presidente ISS- ma va fatto con un’attenzione che preveda l’uso di materiali riciclabili, prima, e materiali che possano essere ricondizionati”.
Un passo indietro Brusaferro lo fa riprendendo il tema della trasmissione del virus dagli alimenti, che “non esiste”, ferma restando la particolare attenzione nella tutela dell’igiene degli alimenti che “richiede di circoscrivere, nei limiti del possibile, il rischio introdotto dalla presenza di soggetti potenzialmente infetti in ambienti destinati alla produzione e commercializzazione degli alimenti” spiega il presidente dell’ISS.
Anche nel ‘mondo reale’ il Sars CoV19 sopravvive un tempo ristretto, rispetto al laboratorio dove c’è “una situazione protetta, dalla luce, dal Sole e da altri fattori che hanno influenza sulla sopravvivenza del virus”, aggiunge Brusaferro che sconsiglia la sanificazione delle strade e di grandi superficie con ipoclorito di sodio. “Perché, a contatto con altri materiali organici depositati sul terreno, si possono formare delle sostanza pericolose”, conclude la dottoressa Rosa Draisci che ha accompagnato il presidente Silvio Brusaferro in audizione alla Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, rispondendo alle domande dei parlamentari sulla gestione dei rifiuti legata all’emergenza Covid-19.