Chiude in forte calo Piazza Affari. Sul terreno il Ftse Mib cede il 3,49%, una chiosa in territorio negativo dopo una apertura già sotto il segno meno.
Ad affossare le contrattazioni tutti i titoli bancari. A preoccupare gli investitori ancora i crediti deteriorati in seno agli istituti di credito, a discapito degli accordi tra Italia ed Ue proprio per la gestione delle sofferenze.
L’incertezza passa anche per la valutazione di Fitch circa il programma del governo italiano, che rischia di avere “un impatto limitato”.
La società di rating evidenzia come il successo dell’operazione dipenda “in gran parte da come le sofferenze saranno valutate”.
“I dettagli sono carenti, ma il governo ha chiarito che la partecipazione al programma sarà volontaria. Ciò può limitare l’adozione – spiegano gli analisti – e abbiamo anche motivo di dubitare che lo schema sia sufficientemente attraente per invogliare le banche a farne un uso significativo”.
La giornata ha visto Banco Popolare e Bper in asta di volatilità; Unicredit e Mediobanca lasciano sul terreno oltre il 6%. Soffrono anche Bpm, che cede 9,8 punti, e Mps. Male anche Telecom e Fca. Lo spread fra Btp e Bund tedeschi chiude a quota 109 punti, con il rendimento del decennale all’1,49%.
Segni negativi anche negli altri listini europei: Parigi registra un -1,33%, Francoforte cede il 2,44% mentre Londra cede lo 0,98%.
Una seduta da dimenticare che arriva dopo la non favorevole chiusura delle contrattazioni anche nei mercati asiatici. A pesare, ancora, l’incertezza circa la tenuta dello Yuan: Shanghai perde il 2,92%, Shenzhen il 4,18 per cento.
Segni meno anche in Giappone, con il Nikkei a -0,7%. A pesare sulle contrattazioni sia l’incertezza dopo che la Fed ha lasciato invariati i tassi di interesse, sia il settimo calo consecutivo registrato nella produzione industriale cinese.
A influenzare gli scambi anche le oscillazioni del greggio che, dopo giorni di perdite, recupera soprattutto dopo le precisazioni dell’Opec circa la presunta intenzione di verificare l’opportunita di tagliare la produzione petrolifera.
L’ipotesi era circolata dopo che il ministro dell’Energia russo, Alexander Novak, ha detto che Mosca sarebbe disposta a rivedere i livelli di produzione. Secondo Bloomberg, stando alle cifre elaborate dal ministero dell’Energia russo, non sembra possibile un accordo tra Opec e Russia sulla produzione in quanto i paesi arabi sarebbero intenzionati a difendere la propria quota di mercato a fronte dei 10,89 milioni di barili al giorno che Mosca punta a raggiungere questo mese.
Il rimbalzo sui mercati, alla luce di questa notizia, non si è fatto attendere. Il petrolio procede positivo: a New York le quotazioni salgono del 3,19% a 33,37 dollari al barile.
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