L’ufficio di presidenza della Camera ha approvato il piano proposto dal presidente Gianfranco Fini, che prevede tagli nel triennio per 110 milioni di euro al bilancio interno. Il piano, che sarà illustrato da Fini durante la Cerimonia del Ventaglio, ha avuto il voto favorevole di tutti i componenti ad eccezione di Mimmo Lucà (Pd), che si è astenuto.
Dopo l’attacco della presidente di Confindustria Emma Marcegaglia sui pochi sacrifici che i politici si sono accollati, una risposta, almeno parziale, è dunque arrivata dai presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani, che hanno messo a punto due piani di risparmi che porteranno nelle Casse dello Stato nel triennio 110 milioni su un bilancio di 992 milioni per Montecitorio e 62 milioni su un budget di 545 per Palazzo Madama. “E’ inaccettabile che tutti facciano sacrifici tranne la politica”, ha incalzato Marcegaglia. I tagli ai costi della politica vanno “affrontati subito”, perché “nel momento in cui si chiedono sacrifici a tutti la politica deve dare il buon esempio”. Insomma i tagli devono arrivare “velocemente”, e non dalla prossima legislatura come prevede la manovra. L’auspicio è stato subito colto da Fini e Schifani che hanno incontrato rispettivamente i deputati e i senatori questori, in vista delle riunioni dei due Uffici di Presidenza di Camera e Senato. I due rami del Parlamento infatti, essendo organi costituzionali, hanno un bilancio autonomo dalle altre amministrazioni statali e i tagli li debbono deliberare di propri iniziativa, seguendo le linee guida della manovra. Le due “manovre” che Fini e Schifani proporranno per Camera e Senato hanno la stessa struttura, anche se le cifre sono diverse: la Camera infatti avendo più parlamentari (sia attivi che in pensione) e più dipendenti (e più pensionati) ha un budget più altro, quindi produce più risparmi in cifre assolute. Le prime riduzioni arriveranno dalla “crescita zero” nei prossimi anni delle dotazioni che lo Stato dà a Camera e Senato. Esse infatti dovrebbero essere rivalutate in base al tasso di inflazione. In secondo luogo scatterà per deputati e senatori, ma anche per i dipendenti, il contributo di solidarietà che la manovra ha imposto sulle pensioni d’oro: 5% per quelle oltre i 90.000 euro e il 10% per quelle superiori a 150.000 euro. Altre risorse alle Casse dello Stato arriveranno dal blocco dell’adeguamento automatico delle pensioni dei dipendenti nonché dei vitalizi e delle indennità di senatori e deputati. Infine altre risorse arriveranno da ulteriori tagli alla “macchina”: per esempio la Camera rescinderà un contratto di affitto di un edificio adiacente a Montecitorio e chiuderà uno dei ristoranti, mentre il Senato sposterà il magazzino. Alla fine i risparmi ammonteranno a 110 milioni per la Camera e 62 per il Senato, a cui andranno aggiunti quelli decisi pochi mesi fa, rispettivamente di 60 e 58 milioni. Dopo la riunione dell’Ufficio di Presidenza della Camera si dovrà attendere la prossima settimana quella del Senato per approvare queste “manovre”. Un altro capitolo di polemica è quello del taglio del numero dei parlamentari. Il governo si appresta a presentare un ddl costituzionale, sulla falsariga della devolution del 2006, che riscrive le competenze di governo e parlamento e in questo ambito riduce il numero di senatori e deputati. Le opposizioni, e in particolare il Pd con Luigi Zanda in Senato e Salvatore Vassallo alla Camera, hanno chiesto di esaminare subito quelle proposte di legge che intervengano solo su questo punto. “Inserire il tema nel quadro di proposte più articolate e controverse – ha accusato Vassallo – pare fatto apposta per mandarla per le lunghe e non farne niente”.
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