Le trentadue vittime del naufragio della Costa Concordia, avvenuto il 13 gennaio 2012 di fronte all’isola del Giglio, sono morte per la negligenza e l’approssimazione con cui il comandante Francesco Schettino ha gestito l’emergenza.
È scritto nelle motivazioni della sentenza di primo grado con cui il tribunale di Grosseto ha condannato il capitano a sedici anni di carcere, pubblicate oggi.
In cinquecento pagine, la Corte ripercorre tutti i dettagli della notte dell’incidente. “Ciò che è incontrovertibile nell’istruttoria – si legge a pagina 243 – è l’assoluta confusione con cui era gestita in plancia l’intera fase dell’emergenza”.
“I 32 decessi delle persone a bordo della Concordia non si sarebbero verificati”, si legge in un’altra parte del documento, se il comandante “avesse gestito l’emergenza con perizia e diligenza”, seguendo la normativa “doverosa”.
L’“inchino” di fronte allo sperone delle Scole, dove la nave urtò uno scoglio affiorante, fu deciso per fare un piacere al maitre Antonello Tievoli e per nessun’altra ragione “commerciale”. “La pretestuosità di questa ulteriore giustificazione emerge con evidenza allorché Schettino ha dovuto ammettere che nessuna forma di pubblicità del passaggio ravvicinato al Giglio era stata diramata ai passeggeri”, a eccezione di Tievoli e dei pochi altri che erano stati invitati in plancia.
Dopo l’impatto, Schettino avrebbe deciso di non dare l’allarme falla. Ma “quasi tutti i passeggeri avevano capito che qualcosa di grave era accaduto”, e il mancato allarme generò “un’estrema confusione e assenza di univoche indicazioni, con conseguente caos diffusosi tra equipaggio e passeggeri”. Ad aggravare la situazione di confusione, il capitano non attivò le procedure del “ruolo d’appello“, che assegnano compiti fissi e ben precisi ai componenti dell’equipaggio in caso di emergenza.
Al telefono con il capitano Gregorio De Falco della capitaneria di porto di Livorno, oltretutto, il comandante “improvvisava, raccontanto un film che esisteva solo nella sua immaginazione”.
“Quelle menzogne risultano oltraggiose nei confronti delle centinaia di persone rimaste intrappolate”, continua il documento: in particolare le trentadue che quella sera hanno perso la vita.
La Corte ha poi respinto la tesi avanzata dalla difesa di Schettino che nell’incidente siano intervenute cause tecniche: la Concordia era “pienamente conforme, sotto il profilo del funzionamento e dell’efficienza dei sistemi di sicurezza per le fasi dell’emergenza, alle prescrizioni”, e le piccole anomalie riscontrate dalle perizie, come il guasto alla scatola nera, “non hanno avuto incidenza causale con l’evento”.