Il governo e le autorità sportive del Giappone si affidano al contratto di organizzazione dei giochi olimpici per spuntare un rinvio a fine anno delle manifestazioni a cinque cerchi che dal 1896 affascinano generazioni di sportivi, l’intero pianeta.
La spada di Damocle si chiama Coronavirus e fa paura. Paura per le incognite che si tira dietro, paura per la forza che il virus ha dimostrato di avere e che potrebbe trasformare l’attuale epidemia partita dalla Cina, che al momento coinvolge oltre 90 Paesi, possa trasformarsi in una pandemia di livello planetario.
In attesa di un vaccino che possa debellare il Covid-19 riportando tranquillità tra le masse e più ordine in economia, la ministra giapponese Seiko Hashimoto ha fatto sapere in queste ore che sulla questione Olimpiadi il Giapone chiederà una moratoria. “Il contratto – specifica l’esponente governativo di Tokio – prevede che i giochi si svolgano entro il 2020 e quindi una delle interpretazioni è che potrebbe essere consentita una posticipazione della data di inizio”. “Stiamo facendo tutto il possibile per garantire che i Giochi procedano come previsto“, ha ribadito Hashimoto nel suo intervento in risposta alle preoccupazioni inerenti la salute, ma anche per le potenziali perdite economiche. Le Olimpiadi di Tokio 2020o sono in programma dal 24 luglio al 9 agosto, ora la data più probabile è quella di un avvio formale dei giochi entro fine dicembre di quest’anno. I giapponesi, di sicuro, secondo quanto precisato dal presidente del comitato organizzatore dei giochi, Ioshiro Mori, ha definito le indiscrezioni riguardo a una possibile cancellazione della manifestazione come “voci senza fondamento”.
Ovviamente dietro questa precisazione ci sono tutte le preoccupazioni relative alle ricadute economiche che il mancato svolgimento dei giochi si trascinerebbe inevitabilmente. L’ipotesi di una cancellazione infatti, secondo quanto sostenuto in un rapporto dall’economista della banca BNP Paribas, Ryutaro Kano, destabilizzerebbe l’intero sistema finanziario del Giappone.Oltre alla perdita infatti degli introiti derivanti dal turismo, l’assenza dei giochi comporterebbe un rischio di default per molti settori legati alla ricettività alberghiera e al comparto dell’edilizia.
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