Forum Economico Mondiale: l’Europa risponde al protezionismo di Trump promuovendo il multilateralismo. L’ottimismo dell’outlook sulle stime di crescita globali, contro la minaccia dell’incertezza geopolitica, terrorismo e populismi
Da Davos – “E’ la prima volta” – commenta un corrispondente della Nbc – “in tanti anni che vengo qui, che vedo la gente in sala ridere o boiccoitare qualcuno durante un intervento”. A Davos non tutti hanno applaudito all’arrivo di Trump sul palco. Una parte del pubblico è rimasta in silenzio. “Non capisco come mai ricevo cosi tanta attenzione dal mondo dei media”, ha detto Trump, che con questa frase e l’attacco alle fake news ha fatto sorridere le persone presenti in sala che ad un certo punto hanno intonato un lungo coro di buuhh.
Un forum delle sorprese, degli inediti, l’edizione di quest’anno da poco conclusa, ma anche dei contrasti. “L’inversione a u” dello stesso Trump sulla partecipazione degli Stati Uniti al partenariato Trans-Pacifico, annunciata in un’intervista alla Cnbc, ne è un esempio. “Soltanto”- aggiunge il presidente – “a patto che esista un accordo migliore”.
E poi ancora: la prima volta della rivincita al femminile che ha animato l’evento svizzero. Un collettivo di 7 donne ha co-presieduto il summit, guidate dalla Presidente dell’FMI, Christine Lagarde.
Il suo tweet “anche senza testosterone, possiamo produrre energia positiva e costruttiva per arrivare a delle soluzioni”, segna un cambio di marcia, ad uno degli eventi più tradizionalmente maschili al mondo. Nell’innevata località sciistica delle Alpi, si è fatta strada l’attualità stringente: come il movimento “me too” – celebrato in tutto il mondo, nelle manifestazioni della “women’s march” – di pochi giorni fa.
Ad acoltare il discorso di Trump, ma non nella stessa stanza, c’erano pure il presidente francese Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel, sostenitori, insieme al primo ministro Gentiloni e all’indiano Modi, del fronte comune contro il protezionismo del presidente statunitense.
Nel suo discorso di mercoledì la Merkel, ha ricordato la Grande Guerra: “qualcuno non ha imparato la lezione della storia” – ha detto, intervenendo a difesa della cooperazione contro l’isolazionismo.
A sbarcare dall’Air Force One, nel tempio del libero commercio, la neo – politica fresca di annuncio, sui dazi da imporre ai prodotti che non sono Made in Usa. Già fuori dall’accordo commerciale con i paesi asiatici, Trump vuole introdurre nuove tasse sulle importazioni di pannelli solari e lavatrici. Nel mirino insomma sempre la Cina, che come ha spiegato il ministro del Commercio statunitense Wilbur Ross, avrebbe fatto concorrenza sleale introducendo bassi costi di manodopera e materiale.
Macron ripete piu’ volte la parola “integrazione” e sulla scia del divorzio di Washington dall’accordo sul clima di Parigi – da Davos rilancia la sfida sul piano del cambiamento climatico. All’agenda dell’”Let’s Make America Great Again” (Rendiamo di nuovo grande l’America) ha risposto con il motto: “Rendiamo grande il nostro pianeta”.
Nella logica degli opposti, trovano posto anche i risultati incoraggianti dell’outlook sulla crescita globale, diffusi dal Fondo Monetario Internazionale da un lato e dall’altro la minaccia delle incertezze geopolitiche e socioeconomiche di questa fase storica.
Stime per i prossimi due anni che si aggirano intorno al 3,9% e che risultano positive soprattutto per l’Eurozona la cui crescita nel 2018 e nel 2019 è stata rivista al meglio rispettivamente al 2,2 e 2%.
Un balzo di fiducia che riguarda anche i Ceo di tutto il mondo. Il 57% di loro si dichiara fiducioso nella crescita dell’economia globale nei prossimi 12 mesi, il doppio rispetto ad un anno fa (fonte: Annual Global Ceo Survey di PwC). Un segnale – per la Banca Europea degli Investimenti che indica che l’Europa ha ritrovato l’ottimismo.
Per Pierre Moscovici, Commissario Ue agli affari economici, anche lui ospite al forum, la ripresa da sola non basta, il successo dell’uscita dalla crisi deve essere consolidato. In un’intervista ad Euronews, parla del recupero avvenuto nel 2017 – “l’annata migliore da dieci anni a questa parte”, ha detto – ricordando che Spagna e Francia usciranno dalla procedura del deficit eccessivo. “ La media nell’Eurozona”, spiega “é dello 0.9%, siamo ancora lontanti dal 3%”.
Per creare maggiore competitività in Europa in futuro, servono più investimenti contina Moscovici, “sull’esempio degli Usa e della Cina”. Gli fa eco Emma Marcegaglia, presidente di Eni e delle Confindustrie Ue: “oggi l’Europa, ha una leadership chiara” ha detto, “ha recuperato il proprio orgoglio. Deve integrarsi di più e diventare più competitiva, soprattutto nell’hi tech. Ma è uscita da una crisi devastante”.
Gli stessi amministratori delegati del globo, sono consapevoli che da dietro l’angolo possono riaffiacciarsi i problemi e le insicurezze sia a livello sociale che politico che hanno dominato l’attualità degli ultimi mesi. Il 40% di loro teme propri questo, un altro 41% di questi vive con ansia il problema del terrorismo, il 35% il terrorismo (fonte: Annual Global Ceo Survey di PwC).
Anche la Brexit gioca la sua parte e non c’è da stupirsi se la fiducia a breve termine degli imprenditori del Regno Unito è calata dal 41% del 2017 al 34 % del 2018 (fonte: Annual Global Ceo Survey di PwC).
Lo ha ricordato anche George Soros, il finanzierie- filantropo che da Davos ha lanciato l’allarme, parlando del nazionalismo come “di una nuova forza dominante”. “Il nostro compito – ha detto – è ora salvare l’Unione europea allo scopo di reinventarla” dopo che questa “ha perso la strada, governata da trattati vecchi e da un credo erroneo nei confronti dell’austerity”.
Giorgia Orlandi
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