Economia, solo vantaggi dalle larghe intese

La ripresa economica italiana va concretizzandosi. I dati sul commercio al dettaglio dello scorso novembre diffusi oggi dall’Istat sono positivi, con un incremento rispetto al mese precedente, dell'1,1% in valore e dello 0,8% in volume.
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La ripresa economica italiana va concretizzandosi. I dati sul commercio al dettaglio dello scorso novembre diffusi oggi dall’Istat sono positivi, con un incremento rispetto al mese precedente, dell’1,1% in valore e dello 0,8% in volume. In particolare, si legge nella nota diffusa dall’Istituto, “si registrano incrementi sia per le vendite di beni alimentari (+1,1% in valore e +1,0% in volume) sia per quelle di beni non alimentari (+1,0% in valore e +0,7% in volume)”. Nel confronto con il mese di novembre 2016 “le vendite al dettaglio crescono dell’1,4% in valore e dello 0,6% in volume” e “aumentano del 2,6% nella grande distribuzione e dello 0,2% nelle imprese operanti su piccole superfici”.

Un dato che, insieme all’outlook previsto per l’economia dell’eurozona, fa guardare al 2018 come un anno con segni positivi.

“Nel quarto trimestre 2017 e nel primo trimestre 2018 – spiegano ancora gli analisti di via Cesare Balbo – il Pil è previsto mantenere lo stesso ritmo di espansione dei quattro trimestri precedenti (+0,6%). Un lieve rallentamento dovrebbe manifestarsi solo nel secondo trimestre del 2018 (+0,5%)”.

A costituire il principale vettore di crescita saranno proprio gli investimenti, a cui si aggiungeranno “i consumi privati, attesi aumentare a un ritmo più lento rispetto alla prima metà del 2017”.

L’inflazione si stima si attesterà all’1,4% mentre nel primo trimestre “l’aumento sarà più debole (+1,2%) condizionato dall’intensità degli aumenti dei beni alimentari ed energetici verificatisi lo scorso anno”.

Un quadro che, sebbene non elimini totalmente incertezze e rischi di volatilità, soprattutto legate ad un aumento di liquidità sui mercati finanziari che potrebbe favorire comportamenti a rischio da parte degli operatori, crea un interessante contesto di crescita per il Paese il cui futuro viene visto con rinnovata fiducia anche da parte degli investitori che, in risposta all’emissione del BTP Italia a 20 anni, hanno risposto con una domanda di acquisto superiore ai 31 miliardi di euro.

Un successo che rischia di essere messo alla prova, così come il fragile castello di ripresa economica, dalle prossime consultazioni politiche del 4 marzo.

Nel pieno della definizione degli assetti interni ai partiti in vista delle elezioni, uno dei terreni di confronto diventa proprio il futuro economico del Paese.

Secondo Matteo Ramenghi, analista di Ubs Italia il risultato delle elezioni è “ad oggi, molto incerto” in quanto “nessuno potrebbe ottenere una maggioranza assoluta”.

“I tre scenari più probabili” sono, nell’ordine, “una grande coalizione centrista, un governo tecnico sostenuto da un’ampia coalizione e un ritorno alle elezioni”.

La vera novità è che secondo Ubs “una grande coalizione sarebbe ben accolta perchè potrebbe portare a una stabilità” ma solo se non formata da partiti euroscettici. In quel caso potrebbero esserci contraccolpi su piazza Affari. “Attribuiamo una bassa probabilità a questo scenario – precisa ancora Ramenghi –  che sarebbe tuttavia il più negativo per i mercati. Da un lato sia il Movimento 5 Stelle che la Lega hanno escluso di voler organizzare un referendum sulla permanenza dell’Italia nella moneta unica. Del resto, una consultazione di questo tipo sarebbe contraria alla Costituzione italiana. E comunque i partiti euroscettici – Lega, Fratelli d’Italia e 5 stelle – hanno agende politiche molto diverse e intrattengono relazioni mediocri tra loro”.

Dello stesso avviso anche Gianluca Salford e Marco Protopapa, analisti di JPMorgan che in una nota dipingono come probabile uno scenario di larghe intese tra Democratici e Forza Italia, stimando questa possibilità al “60 per cento contro il 15 per cento di una nuova elezione”. Anche per gli esperti di Londra, però, una ipotetica vittoria dei partiti non convenzionali – che “ha zero probabilità di avverarsi” come riportato in un focus di Affaritaliani – potrebbe portare a una instabilità che peserebbe fino a 300 punti di aumento dello spread BTP – Bund.

Il sentore che la stabilità di cui il Paese ha bisogno passi per una grosse koalition all’italiana tra i veterani della politica nazionale si trova anche nelle parole dell’ex ministro Fornero – che vede in Berlusconi un buon conoscitore “della realtà economica nazionale” – di Eugenio Scalfari – “Tra Berlusconi e Di Maio scelgo il primo. La politica è un fatto di governabilità, non di morale” – e anche da Bill Emmott, ex direttore dell’Economist e da sempre critico verso l’ex premier – “E se Silvio finisse per essere il salvatore dell’Italia?” dichiara Emmott, che definisce Berlusconi meno ‘unfit’ ad un ruolo di governo -.

Endorsement e analisi a parte, il confronto politico si andrà delineando con maggiore forza nelle prossime settimane. Intanto, i principali attori chiamati in causa in questo periodo di campagna elettorale non fanno mancare i propri affondi. Se da una parte Renzi fa sapere che il suo team sta valutando l’abolizione del canone Rai, Berlusconi puntualizza le proprie dichiarazioni sul Jobs Act, bandiera proprio dell’ex premier Renzi: “non ho detto abolizione del Jobs Act. Anch’io da liberista penso che è evidente che un lavoro precario è meglio dell’assenza di lavoro. È altrettanto vero che un lavoro precario non è una buona soluzione né per l’azienda, né naturalmente e soprattutto per il lavoratore”. E sull’articolo 18 “si possono tenere le cose come sono, è stata una cosa interna alla coalizione che credo sia superata”.

Parla di abolizione di spesometro e redditometro Luigi di Maio, candidato M5S in conferenza stampa a Milano.

Prendiamo l’impegno con le imprese per l’abolizione di spesometro, split payment, redditometro e della legge che prevede gli studi di settore”.

“Già lo so – aggiunge Di Maio – che i miei avversari diranno che con queste proposte noi vogliamo favorire l’evasione fiscale, io invece dico e mi assumo la responsabilità di dire che è semplificando che aumenta il gettito fiscale dello Stato ed è semplificando che ridurremo la pressione fiscale, togliendo oneri burocratici”.

Gianandrea Sapio

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