Ieri l’ISIS è tornato a uccidere nel cuore dell’Europa. È accaduto a Parigi, a tre giorni dalle elezioni presidenziali più incerte della Quinta repubblica, e la circostanza senza dubbio avrà conseguenze imprevedibili nella vita politica della Francia.
Quel che si è scoperto Karim Cheurfi, l’attentatore, ha gettato un’ombra pesante sull’apparato di sicurezza francese. Più che “già noto al sistema giudiziario”, come si scrive spesso in casi come questo, per le forze dell’ordine rappresentava chiaramente un pericolo chiaro da anni. Secondo Le Monde non era schedato con il codice S – quello dei “radicalizzati”, gli individui considerati potenziali terroristi –, ma in passato aveva aggredito più volte agenti di pubblica sicurezza.
Nel 2001 era stato arrestato per aver aggredito due poliziotti con un’arma da fuoco (non la stessa di ieri). Anche durante la detenzione saltò addosso a una guardia carceraria. Il suo ultimo arresto risale allo scorso 23 febbraio, sempre per aver minacciato degli agenti di polizia. Si accertò che non aveva rispettato né gli arresti domiciliari né l’obbligo di cure psichiatriche. Ma il giudice reputò che non ci fossero gli estremi per farlo tornare in carcere, e lo rilasciò.
Nell’Audi con cui è arrivato sugli Champs-Élysées c’erano altre armi (un fucile a pompa e diversi coltelli), una copia del Corano, pagine inneggianti all’ISIS e un appunto scritto a mano con l’indirizzo della DGSI (“Direzione generale della sicurezza interna”), l’agenzia nazionale di intelligence francese.
Gli inquirenti hanno arrestato tre suoi parenti, mentre è caduta la pista che portava in Belgio: l’uomo che ad Anversa si era presentato in commissariato, dopo che le autorità locali avevano pubblicato un avviso di ricerca, ha un alibi e non ha rapporti con Cheurfi.
Quel che resta invece, ma era difficile immaginare altrimenti, è il riflesso dell’attentato nella campagna elettorale: il primo turno delle presidenziali è domenica prossima. La notizia dell’attacco è arrivata proprio durante un dibattito tv fra i candidati, in onda su France2. In quel momento stava parlando il socialista Benoît Hamon, che ha preferito non commentare in attesa di notizie verificate. Il primo a parlare dell’attentato è stato l’indipendente Emmanuel Macron, uno dei favoriti per il ballottaggio, che si è detto “pronto a proteggere” i francesi. Ma gli occhi di tutti erano puntati su Marine Le Pen, la candidata del Front National, la più insistente sulle questioni della sicurezza e della lotta al jihadismo.
Temi per tradizione cari alla destra, ma che negli ultimi anni – specialmente in Francia – sono di scottante attualità per tutti. E che aiutano a spiegare, almeno in parte, diverse delle stranezze delle presidenziali 2017. I cittadini non ne possono più di una classe politica incapace di dare risposte comprensibili a domande che sembrano più semplici di quanto non si rivelino a un’analisi più attenta. Derivano da questo, in ordine sparso: la rinuncia senza precedenti del presidente uscente, il socialista François Hollande, a ricandidarsi; la crisi dei partiti tradizionali (quella del centrodestra almeno ha l’alibi degli scandali François Fillon, ma nel centrosinistra gli orfani di Hollande hanno votato un candidato di seconda grandezza come Hamon); il successo dei partiti alternativi – l’estrema destra della Le Pen, l’estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon, l’estremo centro del movimento En Marche!, creato a immagine e somiglianza di Macron – e le previsioni di un astensionismo record, stimato intorno al 30%.
La Le Pen non si è fatta desiderare. Stamattina ha indetto una conferenza stampa dal suo quartier generale a Parigi. Vestita di nero, in segno di lutto, la candidata nazionalista ha detto che la Francia è “in guerra con un mostruoso totalitarismo”, e che è il momento di “rinunciare” al “lassismo” e all’“ingenuità”. Al presidente Hollande ha chiesto “solennemente” di ripristinare le frontiere nazionali, e al governo di espellere “tutti gli schedati S” (misura che però, come si accennava, non avrebbe riguardato Chreufi).
Promette “pugno di ferro” anche Fillon, che vuole “rinegoziare il trattato di Schengen”. Anche lui parla di “totalitarismo islamico”, un’“ideologia espansionistica” alla quale vorrebbe “opporre un muro intellettuale e morale”. “In momenti come questi è opportuno mostrare che la Francia non ha paura”, ha detto: “Dobbiamo restare lucidi”, perché l’“emergenza” durerà ancora “a lungo”.
Macron ha messo l’accento sulla sicurezza dei cittadini: “Il primo ruolo del presidente della Repubblica è di proteggere i francesi”, ha scritto in un tweet, e lui sarà “implacabile” in questo compito. “L’azione militare e diplomatica che intendo realizzare – ha spiegato – avrà come obiettivo la vostra sicurezza”.
Il premier Bernard Cazeneuve ha accusato la Le Pen di strumentalizzare “senza la vergogna” la paura del terrorismo per procurarsi voti. Ma non è stato tenero nemmeno con Fillon: “Certi candidati fanno la scelta dell’oltraggio e della paura”.
Non lontano dalle loro posizioni, però, c’è anche il presidente USA Donald Trump. “Il popolo francese non sopporterà più a lungo cose del genere”, ha twittato l’inquilino della Casa Bianca. “Avrà grosse conseguenze sulle elezioni presidenziali!”
F.M.R.
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