Si erano incontrati a Roma nel 1587, al Collegio Romano, il matematico e astronomo Galileo Galilei con il collega, poi amico e prima maestro, il gesuita Cristoforo Clàvio (Cristoph Clavius), che tanta influenza ha avuto sul più noto scienziato, come testimoniano gli scritti giovanili di Galilei, tra cui, il sostanzioso “Tractatio de demonstratione”. Il 30 dicembre 1610, Galileo scrisse al magister del Collegio Romano per comunicargli la scoperta delle fasi di Venere e dei quattro satelliti di Giove (i Pianeti Medicei), che avvalorava la teoria eliocentrica: la Terra gira intorno al Sole insieme agli altri Pianeti, come per primo aveva scoperto Niccolò Copernico e poi ben argomentato Giovanni Keplero.
La lettera, custodita negli archivi della Pontificia Università Gregoriana, il prestigioso ateneo dei Gesuiti dove si svolse il processo del Santo Uffizio a Galilei nel 1633, è stata esposta per la prima volta al pubblico lunedi 23 febbraio 2015, a cura della Fondazione Sorgente Group, che ha restaurato le 97 lettere autografe dello scienziato che ha rivoluzionato la visione del mondo e dell’universo.
Anche ai non addetti ai lavori, è offerta così la possibilità di accedere all’esperienza personale in cui è maturata la scoperta di un grande scienziato, che ha cambiato la storia dell’umanità. Il direttore degli Archivi dell’Università Pontificia, Martin Maria Morales, ha, infatti, spiegato in questo modo la scelta della Galleria Sordi, centro di attrazione turistica e commerciale nel cuore di Roma, a pochi passi dalla Gregoriana, come luogo di ospitalità dell’esposizione: «La missiva esce per la prima volta dal buio dell’archivio e dello sguardo di pochi studiosi per essere esposta al grande pubblico, in un posto tradizionalmente “improprio”, frequentato da tutti coloro cui era in realtà rivolta la scoperta di Galilei, gli abitanti del mondo».
Il prezioso documento resterà in mostra al pubblico presso lo Spazio Espositivo Tritone della Fondazione Sorgente Group, in via del Tritone a Roma. Il curatore scientifico è Claudio Strinati.
«Eccoci Signor mio chiariti come Venere et indubitamente farà l’istesso Mercurio, va intorno al Sole, centro senz’alcun dubbio delle massime revoluzioni di tutti i Pianeti», scriveva lo studioso pisano all’“Euclide del XVI secolo”, cui va il merito, tra l’altro, di essere stato tra gli autori della riforma del calendario gregoriano. Nel periodo “padovano” (1592-1611), Galilei aveva tenuto corsi sugli “Elementi” di Euclide nella traduzione latina a cura di Clàvio.
Soltanto due giorni dopo, il primo gennaio 1611, Galilei inviò una lettera a Giuliano de’ Medici, al tempo ambasciatore presso la corte imperiale asburgica a Praga e in frequente contatto epistolare anche con Keplero, scrivendo, appunto, che «Venere necessarissimamente si volge intorno al sole, come anche Mercurio e tutti li altri pianeti, cosa ben creduta da tutti i Pittagorici, Copernico, Keplero e me, ma non sensatamente provata, come ora in Venere e in Mercurio».
La prima testimonianza dell’adesione di Galilei alla teoria cosmologica di Copernico e di Keplero è del 1597, in una lettera all’astronomo del “Mysterium cosmographicum”, per esprimere il suo accordo al sistema eliocentrico e, insieme, le preoccupazioni circa l’affermare pubblicamente le sue convinzioni, in quanto in contrasto, per la Chiesa cattolica, con la concezione geocentrica in alcuni passi delle Sacre Scritture. Il coraggio gli verrà soltanto oltre trent’anni dopo, con la pubblicazione del “Dialogo sopra i due massimi sistemi”, così contravvenendo all’ordine del Santo Uffizio di “non seguire né insegnare né difendere né trattare” l’“eretica” dottrina.
Emanuela Bambara
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