Il giornalismo sportivo secondo Maffei

Com’è cambiato il giornalismo sportivo? Negli ultimi vent’anni è cambiato soprattutto nel linguaggio oltre che nella forma di trasmissione. E’ soggetto ai ritmi incalzanti, non solo del gioco, ma anche del web e degli altri mezzi di informazione che chiedono sempre più dati in tempo reale.

Abbiamo intervistato sull’argomento Fabrizio Maffei, storico conduttore di 90° minuto e la Domenica Sportiva. Domani, 21 aprile, nel giorno del Natale di Roma sarà ospite della prima edizione di “Football Outside The Box”, riproposizione live di Passione del Calcio, una trasmissione radiofonica che va in onda ogni lunedì e viene ripresa in varie fm in tutta Italia. In perfetta linea con il format, che cerca di dare importanza alla tradizione ma di rompere anche gli schemi, Maffei è un tradizionalista a cui si deve il merito di essere andato oltre, introducendo la moviola e il commento di Giorgio Tosatti a 90°minuto. Avrà l’occasione di confrontarsi con tanti giovani per capire aspettative e rilanciare un progetto di recupero dell’esperienze giornalistico-sportiva affinché non vada perso un patrimonio reso fondamentale da tanti autorevoli predecessori.

 

Come è cambiato in Italia il giornalismo sportivo?

E’ cambiato in peggio perché alcune figure leggendarie e mitiche non ci sono più. I giovani di oggi non solo non sono all’altezza ma presumono sempre di avere la verità in tasca.

 

Qual è la differenza principale tra la tv italiana e quella americana?

 Nella tv americana principalmente ci sono news e fatti, non opinioni. I salotti sono ridotti al minimo e legati a eventi in diretta. In Italia ci sono molte più ore di chiacchiere.

 

Lei parteciperà domani ad un format che gioca su tradizione e rottura degli schemi. Quanta importanza ha avuto nella sua carriera l’una e l’altra cosa?

 Confesso che mi piace molto rispettare la stella polare della tradizione. Conducendo il Tg1, il telegiornale più tradizionale che ci sia, non ho mai dimenticato i canoni di precisione e serietà. Il conduttore deve essere un regista che smista le linee agli inviati, che sono i veri protagonisti insieme alle immagini dei gols. A ’90° minuto’, oltre alle semplici notizie ho portato la moviola ed il commento di Giorgio Tosatti. Ho rotto gli schemi quindi riducendo le chiacchiere a vantaggio degli approfondimenti.

 

Ha avuto un punto di riferimento, un maestro a cui ispirarsi?

Due maestri sono stati Tito Stagno e Sandro Petrucci. Non posso dimenticare inoltre Peppe Presutti e Giulio Rossi, oltre a Giorgio Tosatti, Beppe Viola e Gianni Brera. Il loro modo di trasmettere le informazioni, e soprattutto la preparazione che c’era dietro, oggi è completamente assente nei giovani. Essendo la tv soprattutto informazione, se non c’è un’adeguata formazione unita all’umiltà necessaria per apprendere manca tutto.

 

Per quanto riguarda appunto i giovani, che consigli darebbe a chi vuole intraprendere questa professione?

E’ molto più complicato emergere rispetto al passato perché è un settore talmente chiuso da essere una sorta di salotto. In virtù di questo bisogna avere tanta pazienza e un pizzico di fortuna. Pazienza nel non voler bruciare le tappe e nel salire gradualmente sulla scala del successo. Inoltre non devono mai mancare la curiosità, il desiderio ed il dovere di voler vedere le cose con i propri occhi.

 

Che caratteristiche deve avere invece un calciatore per emergere?

La serietà e la testa sulle spalle. Non deve scimmiottare le star, ma possedere dei valori forti da cui nasce la vera consapevolezza e la forza per andare avanti.

 

Se non avesse seguito il calcio quale altro sport le sarebbe piaciuto raccontare?

 Sicuramente il nuoto e tennis che ho praticato.

 

Erika Eramo

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