Tasse su capannoni e laboratori aumentate del 18,4% in 2 anni. Le tasse sugli immobili produttivi dividono l’Italia degli imprenditori. Il fisco colpisce capannoni, laboratori, strumenti di lavoro con una ‘giungla’ di aliquote diverse. Le più penalizzate sono le aziende dell’Umbria che, tra Imu e Tasi, subiscono un’aliquota del 10,34 per mille. Il trattamento migliore va invece alle imprese della Val d’Aosta che pagano un’aliquota dell’8,16 per mille.
In vista della scadenza dei pagamenti del 16 giugno, Confartigianato ha tracciato una mappa delle aliquote di Imu e Tasi applicate dai Comuni italiani sugli immobili produttivi delle imprese.
Le elaborazioni dell’Ufficio studi della Confederazione su dati di ITWorking mostrano che l’aliquota media di Imu e Tasi è del 9,97 per mille, ma con scostamenti molto significativi nelle diverse zone del Paese. E, quel che è più grave, tra il 2012 e il 2014, la tassazione sugli strumenti di lavoro delle imprese è aumentata del 18,4%, mentre nello stesso biennio le tasse sulle abitazioni principali sono diminuite del 10%. In media, in due anni ciascun imprenditore ha subito un aumento di 138 euro della pressione fiscale sugli immobili produttivi.
La ricognizione di Confartigianato mostra le profonde differenze del prelievo fiscale sugli immobili d’impresa nelle diverse aree del Paese. A livello regionale, al primato negativo dell’Umbria si affiancano quello della Campania, dove le aliquote di Imu e Tasi pesano per il 10,19 per mille, della Sicilia con un’aliquota del 10,16 per mille e del Lazio con un’aliquota del 10,15.
Decisamente più conveniente possedere un capannone in Valle d’Aosta (8,16 per mille), in Friuli Venezia Giulia (8,97 per mille) e in Sardegna (9,05 per mille).
La forbice delle aliquote di Imu e Tasi si apre anche tra i Comuni: gli imprenditori più tartassati sono quelli di Trieste, con un’aliquota del 10,99 per mille, seguiti da quelli di Lucca (10,57 per mille) e di Terni (10,54 per mille). Al capo opposto della classifica, il fisco è più clemente con i loro colleghi di Aosta, che su laboratori e capannoni pagano l’aliquota più bassa: 8,16 per mille. Li seguono a breve distanza gli imprenditori dell’Ogliastra (8,19 per mille) e di Oristano (8,25 per mille).
Nonostante le differenti aliquote, un po’ in tutta Italia il fisco colpisce pesantemente gli immobili d’impresa: secondo l’analisi di Confartigianato il 24,1% dei Comuni applica una tassazione alta con aliquote medie superiori o uguali al 10,60 per mille. Il 40,9% dei Comuni applica una tassazione medio-alta con aliquote che oscillano tra il 9,10 e il 10,50 per mille. Il 26,2% dei Comuni applica una tassazione medio-bassa, con aliquote comprese tra il 7,70 e il 9 per mille. Soltanto l’8,7 per cento dei Comuni applica aliquote medie inferiori o uguali al 7,60 per mille.
“Su laboratori, macchinari, capannoni – sottolinea Cesare Fumagalli, Segretario Generale di Confartigianato – si concentra un prelievo fiscale sempre più forte, aggravato dalle complicazioni derivanti dalla giungla di aliquote diverse. E’ assurdo tassare gli immobili produttivi delle imprese come se fossero seconde case o beni di lusso. Come si può essere competitivi con una zavorra tanto pesante sulle spalle? Che fine ha fatto l’annunciata riforma della tassazione immobiliare all’insegna della semplificazione e della riduzione delle aliquote?”.
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