La Sardegna, tra i paesi del Mediterraneo, è la terra a più alta concentrazione di pecore: due ogni abitante, oltre 3 milioni di capi ovini per 1,6 milioni di persone.
Pur non avendo il numero di capi di una Spagna, con oltre 15 milioni di ovini, della Grecia (9 milioni) o della Romania che ne ha giusto qualche migliaio in meno, l’Italia può contare su un consistente patrimonio di 7,2 milioni di capi in allevamento.
La Sardegna vanta un’eccellente produzione di latte, con qualche variazione in negativo, tra il 2018 e 2019, dovuta a diversi fattori: condizioni atmosferiche, ritardi nei parti delle pecore, ma anche per gli allevatori che, con una remunerazione di appena 0,60 centesimi al litro, hanno frenato sulla spinta alle produzioni, alimentando peggio gli animali. Di conseguenza la commercializzazione del pecorino, fiore all’occhiello della regione, è stata ai minimi storici.
Rimane il fatto che il 70% della superficie isolana è destinata al pascolo e l’intera filiera dell’ovicaprino, tra aziende di produzione, trasformazione e indotto, ha circa 40 mila addetti, con un valore che sfiora i 400 milioni di euro all’anno.
Ora, l’Anci regionale, in un pacchetto di misure per salvare le zone interne dallo spopolamento e il patrimonio agropastorale dell’isola, contenuto nella proposta di legge quadro ‘La primavera dei paesi’, ha inserito l’idea di un’ università della Pastorizia. La novità ‘semi provocatoria’, avverte il presidente Emiliano Deiana, rientra in questo pacchetto di misure che l’Associazione dei Comuni sardi consegnerà nei prossimi giorni al presidente del Consiglio regionale, Michele Pais.
Una zona franca rurale, un efficiente sistema di aiuti alle famiglie, incentivi per le ristrutturazioni degli edifici e risorse per sostenere il pastoralismo sono i cardini su cui si fonda il progetto di legge regionale. Tra le proposte, anche l’università della Pastorizia: “Pensiamo che ogni ovile possa essere un’aula di questa università dove si insegna e si impara. Non possiamo più pensare alla pastorizia com’era 50 anni fa, ma dobbiamo vederla nel mondo globale e attuale”.
Anci intende coinvolgere anche le associazioni, i partiti politici e i sindacati. L’obiettivo è “avere una convergenza di tutta la comunità sarda – ha spiegato Deiana – per definire quello che, riferendoci alla storia della Sardegna, chiamiamo ‘il nuovo congresso del popolo sardo’, che questa volta non dovrà essere fondato sull’industria pesante ma sull’industria pensante. È in cambio di strategia rispetto alla politica spot vissuta finora, con piccoli interventi sparpagliati. Noi riteniamo che tutto debba essere riassunto in una legge quadro dove le questioni dei paesi e dello spopolamento siano legate all’elemento antropologico fondante delle nostre comunità, quello del pastoralismo”.
“Vogliamo che, rispetto alle programmazioni del passato, i finanziamenti possano essere utilizzati e non provengano solo da risorse regionali”, ha precisato Deiana, sindaco del piccolo comune di Bortigiadas (Sassari), “ma anche dalla nuova programmazione europea, dal Piano per il Sud, annunciato dal ministro Provenzano e, con l’attivazione dell’articolo 13 dello Statuto sardo, per un nuovo Piano di rinascita”.
L’Anci Sardegna auspica che la proposta possa diventare una legge d’iniziativa popolare. “Non c’è solo necessità di classi dirigenti”, sottolinea il presidente,”ma di tutta l’articolazione della comunità sarda”.
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