Lo smog fa molto male. E’ un dato accertato e conclamato. Ma quanto fa male l’inquinamento atmosferico, quell’alterazione negli equilibri della composizione dei gas che compongono l’atmosfera terrestre che è la prima causa di morte e ogni anno, in Europa uccide oltre 500mila persone e nel mondo oltre 6 milioni?
Se già sapevamo che l’anidride carbonica nell’aria, le polveri sottili, il famigerato PM10 aumentano il rischio di malattie cardiocircolatorie, respiratorie e i tumori, oggi abbiamo la certezza che possono anche ostacolare il normale sviluppo cognitivo nei più piccoli. La disabilità intellettiva, infatti, secondo un nuovo studio condotto nel Regno Unito, è più comune tra i bambini che tendono ad avere livelli più elevati di inquinamento atmosferico.
Finanziato dalla Public Health England e pubblicato sul Journal of Intellectual Disability Research, lo studio ha utilizzato i dati estratti dal Millennium Cohort Study del Regno Unito, un campione rappresentativo a livello nazionale di oltre 18.000 bambini britannici nati tra il 2000 e il 2002. I ricercatori dell’Università di Sydney hanno osservato che in media i bambini con disabilità intellettive avevano il 33% in più di probabilità di vivere in aree con elevati livelli di particolato diesel e il 30% in più di probabilità di vivere in aree con alti livelli di biossido di azoto. Inoltre avevano il 30% in più di probabilità di vivere in aree con alti livelli di monossido di carbonio e il 17% in più di probabilità di vivere in aree con alti livelli di biossido di zolfo. “I livelli di esposizione all’inquinamento dell’aria esterna tra i bambini con disabilità intellettuale – concludono i ricercatori – sono significativamente più alti di quelli di bambini senza questo tipo di problema. L’esposizione all’inquinamento dell’aria esterna può così contribuire alle disuguaglianze di salute”.
“Il tema dell’inquinamento ambientale è un problema che riguarda molte città italiane da Nord a Sud. Il numero dei siti contaminati di interesse nazionale SIN, secondo i dati Ispra aggiornati a febbraio 2018, risulta pari a 41. Tra i vari in elenco Taranto, Porto Marghera, Napoli Bagnoli e Brescia”. Lo ha dichiarato Vincenzo Giovine, vice presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi in occasione della giornata conclusiva delle celebrazioni per l’anniversario della Convenzione Onu sui diritti dei minori, con iniziative anche nel capoluogo ionico. “La contaminazione dei terreni e conseguentemente delle falde idriche – ha aggiunto – da metalli, idrocarburi ecc. costituisce un pericolo per la salute e un danno permanente all’ambiente. Il recupero e la bonifica delle aree contaminate in accordo con il D.Lgs 152/2006 permette in ambito urbano un miglioramento della qualità della vita, una nuova destinazione e utilizzo delle aree degradate a vantaggio della rigenerazione urbana e del minor consumo di suolo. Come componente del Consiglio Nazionale dei Geologi e coordinatore della commissione ambiente stiamo lavorando a tavoli tecnici che abbiano la finalità di rendere più efficaci e veloci i processi di recupero delle aree contaminate”. Alessandro Miani, presidente Sima (Società Italiana di Medicina Ambientale) ha ricordato invece che “prima del ridimensionamento produttivo dello stabilimento, gran parte degli Idrocarburi Policiclici Aromatici emessi in atmosfera in tutta Italia era prodotta dall’Ilva, idrocarburi cancerogeni certi per l’uomo, così come i metalli pesanti e le altre emissioni dei camini Ilva che sono obbligati a respirare tutti gli abitanti di Taranto. Per non parlare delle sostanze che non è possibile monitorare. Quando poi le problematiche ambientali arrivano a interessare la salute dei bambini, determinando incrementi di malattie respiratorie come nel capoluogo pugliese non si può non prendere posizione. Questi dati sono importanti quanto il numero di posti di lavoro. Eppure, siamo convinti – ha concluso – che è possibile contemperare il diritto al lavoro con il diritto alla salute”.
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