Adesso anche le saline sarde diventano francesi. L’Italia, pezzo dopo pezzo, viene (s)venduta a tutto vantaggio del cugino d’Oltralpe che solo dall’inizio della crisi (2008) al 2017, secondo Kpmg (uno dei principali Network di servizi professionali, leader nella revisione e organizzazione contabile, nella consulenza manageriale e nei servizi fiscali, legali e amministrativi) contava a suo favore 214 acquisizioni, per un valore totale di 32 miliardi. E pensare che fino al 2005 erano le aziende italiane a risultare quelle che avevano effettuato più acquisizioni, 20 miliardi contro i 13 francesi.
Ma per dirla nella loro lingua: “tout passe, tout lasse”. E noi ora lasciamo nelle loro mani 1500 ettari di impianti per la produzione di sale marino situati nella provincia di Carbonia, sulla costa est della Sardegna.
Le saline di Sant’Antioco passano il confine italiano insieme a quelle di Margherita di Savoia in Puglia. L’Operazione risale alla fine di agosto, ma i prodromi sono invece del dicembre scorso, e l’arrivo di Macron in Italia, nei giorni scorsi, ha siglato la conclusione di un accordo che doveva risultare segretissimo.
Dunque, i nostri parenti più prossimi si pappano una bella fetta dell’agroalimentare made in Italy: insieme alle saline più grandi d’Europa, quelle che occupano buona parte del Tavoliere nella parte più prossima all’Adriatico (4500 ettari di territorio pugliese, riserva naturale da oltre 40 anni) si aggiudicano i 15oo ettari delle saline marine più antiche, di epoca romana. La nuova operazione francese riguarda una produzione complessiva di 700.000 tonnellate per un giro di affari di 30 milioni di euro l’anno.
Cosa c’è dietro questa sapida manovra? Un debito pregresso della nostra società delle saline che ha avuto una sorta di Opa da parte del gruppo Salins, uno dei più forti a livello mondiale, che nel 1981 aveva già acquisito la Compagnia italiana sali (CIS) con sede in provincia di Rovigo. L’operazione francese, che è stata avviata a fine dicembre 2018, non avviene per acquisizione diretta di quote ma attraverso un debito (garantito da azioni) che Atisale, controllata da Salapia, ha maturato verso Monte dei Paschi di Siena. Nessuno sa se l’operazione sia un rastrellamento a bassi costi di saline sparse in giro per l’Europa per dominare il mercato e mettere sotto scatto l’intero settore che ovviamente non riguarda solo il sale da tavola ma anche quello impiegato nell’industria farmaceutica, chimica ecc.
Tra le tante cose poco chiare, ad esempio se l’operazione francese sia un rastrellamento a basso costo di saline sparse in giro per l’Europa per dominare il mercato e mettere sotto scacco l’intero sistema del sale, che ovviamente non riguarda solo quello che si consuma a tavola, ma costituisce materia prima per molte altre lavorazioni da quella farmaceutica a quella chimica, da quella industriale a quella salutista, ce n’è una molto inquietante. Riguarda la possibilità per i nostri lavoratori impiegati nelle saline ‘scippate’ di continuare a mantenervi l’impiego: il rischio infatti è che la società francese prenda marchio e mercato e azzeri le attività, a partire proprio da quelle sarde.
Allora, l’Isola del sale presso la costa sud-occidentale della Sardegna, alla quale è unita per un istmo costruito, a quanto si crede, dai Cartaginesi, avrà bandiera francese senza che nessuno si sia occupato della vicenda e soprattutto abbia chiesto un minimo di garanzie sul futuro dell’attività a partire da quella occupazionale.
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