Sul conflitto libico interviene Vladimir Putin. Oggi a Mosca è prevista la firma della tregua da parte di Fayez al Sarraj, presidente del Governo di accordo nazionale, il generale Khalifa Haftar, il presidente del parlamento di Tobruk Agila Saleh, e il capo del consiglio di Stato di Tripoli, Khalid al-Mishri. E sotto la supervisione dei due azionisti di riferimento della «roadmap» verso la pace libica, ovvero la Russia di Putin e la Turchia di Erdogan. A riferirlo fonti vicine al negoziato giunto a una fase decisiva nel corso delle prime 24 ore di tregua, seppur fragile dopo nove mesi di offensiva su Tripoli da parte di Haftar, trascorse tra accuse di violazioni e condizioni dettate per sottoscrivere la pace. Il “cessate il fuoco” tra le forze del generale Haftar e del premier libico Al Serraj, seppur fragile, era il primo obiettivo ed è stato raggiunto grazie soprattutto al peso esercitato da Mosca ed Ankara.
Lo sforzo internazionale per arrivare a una de-escalation della situazione in Libia si è intensificato nell’ultima settimana. Il presidente russo, sponsor di Haftar, sabato ha incontrato la cancelliera tedesca Angela Merkel e ieri ha parlato al telefono con il presidente francese Emmanuel Macron.
Ma cosa succede invece a Palazzo Chigi dove innanzitutto si è deciso di ‘raddoppiare’ gli incaricati degli Affari Esteri, tanto che questa mattina quello ufficiale, Luigi di Maio, è Tunisi mentre il concorrenziale, il primo ministro Giuseppe Conte, è volato ad Ankara?
In realtà il nostro attuale governo giallo-rosso alle prese con il caso libico, sul quale pendono remote colpe (2011) di un Berlusconi premier e di un Giorgio Napolitano Capo delle Forze Armate, in quanto Capo dello Stato, che si sono palleggiati la responsabilità di avere contribuito alla scellerata azione di abbattere Gheddafi, promossa da Sarkozy, ha dato prova di grande ingenuità (oltre che di presunzione) nel presentarsi come in grado di sanare una crisi che va avanti da anni.
Diciamolo chiaro: le intricate questioni internazionali non hanno mai bisogno di sprovveduti, ma di persone abili e informate dei fatti. Anche di quelli precedenti il loro incarico attuale. Invece le pregresse funzioni li avevano abilitati a pronunciare in situazioni come quella che oppone la Cirenaica alla Tripolitania, generici appelli al dialogo e alla rinuncia delle armi. “Provare a presentarsi come statisti in grado di sanare, sia pur provvisoriamente un conflitto che va avanti dal 2011 è stata un’ingenuità”, scrive Paolo Mieli sul Corriere. Più che un’ingenuità, bisognerebbe definirla arroganza, presunzione. Ma tant’è.
Il successore di Moavero Milanesi, già giudice di primo grado presso la Corte di giustizia dell’Ue, titolare della Farnesina nel primo governo Conte, quello giallo-verde, sta collezionando un errore dopo l’altro. Tanto da dover chiedere l’assistenza ai suoi amici più fedeli – Di Battista, Bonafede e Bonisoli – affinché spendano qualche parola a suo sostegno. Cosa che puntualmente hanno fatto.
Ma Luigi di Maio è davvero alla frutta e in odor di sostituzione un giorno sì e l’altro pure. “Assistiamo al crepuscolo di un leader che a 33 anni deve decidere cosa fare”, ha detto questa mattina Fabrizio D’Esposito, nota firma del Fatto Quotidiano, questa mattina durante la trasmissione Omnibus, su La7.
Tutto questo – l’avere perso molte pedine M5S tra Camera e Senato, la rivolta sempre più forte del mondo pentastellato contro il sistema Rousseau, l’espulsione di Gianluigi Paragone e tanto altro ancora, senza dimenticare le elezioni alle porte in Emilia Romagna e Calabria, dove il MoVimento sarà difficile un’affermazione anche solo buona – fa gioco agli alleati Pd, la cui più grande ambizione è impadronirsi di qualsiasi strapuntino lasciato libero dai compagni di squadra. Una squadra che non ha mai funzionato, fin dall’inizio, da quando l’alzata d’ingegno di Matteo Salvini, ad agosto scorso, ha sparigliato le carte. D’altronde da due partiti che si sono fatti la guerra per anni – anzi, l’essenza della nascita dei Cinque Stelle ed esistenza, per loro stessa ammissione, è stata combattere il Partito di Renzi, delle banche, dei poteri forti – potevamo aspettarci qualcosa di meglio?
A.B.
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