Nuovi ostacoli sul percorso di riconciliazione nazionale in Libia. Per avere un governo unico, riconosciuto da tutti, con cui negoziare una strategia comune contro l’ISIS, bisognerà aspettare almeno fino a martedì. La scadenza di ieri è passata senza che il Consiglio di presidenza – composto da esponenti dei due esecutivi rivali: quello di Tobruk, finora riconosciuto dalla comunità internazionale, e quello di Tripoli – presentasse la lista definitiva dei componenti del governo guidato da Fayez al-Sarraj. Inutili le proteste dell’inviato speciale ONU, Martin Kobler.
L’Europa corre ai ripari: oggi il ministro della Difesa tedesco, Ursula von der Leyen, ha lasciato intendere che il suo paese potrebbe schierare truppe in Libia se ciò servisse a stabilizzare la regione.
“La Germania non potrà tirarsi indietro dal dare il suo contributo”, ha detto von der Leyen in unì’intervista alla Bild. Lo scenario da evitare a tutti i costi è che l’ISIS, approfittando dell’anarchia imperante nel deserto libico, stabilisca connessioni permanenti con i terroristi nigeriani di Boko Haram. “Se questo riuscisse – prosegue il ministro – (l’ISIS) potrebbe destabilizzare altre parti dell’Africa”.
Non escludere categoricamente l’intervento delle truppe è già di per sé una mezza ammissione che il governo sta prendendo molto sul serio l’opportunità. In Germania infatti, dopo il trauma collettivo dell’autocritica nazionale seguita alla seconda guerra mondiale, l’opinione pubblica è enormemente restia ad accettare interventi all’estero dell’esercito, e il governo li prende in considerazione con estrema cautela.
Ieri, a Tunisi, dove si stanno svolgendo le trattative per la composizione dell’esecutivo di unità nazionale libico, Fayez al-Sarraj, capo del Comitato di presidenza e premier designato, ha annunciato la “necessità di aggiornare per le prossime 48 ore l’annuncio del governo”.
Subito dopo aver espresso il suo “rammarico”, Kobler è volato in Libia per provare ad ammorbidire le posizioni di “falchi” come Aguila Saleh, il presidente della Camera dei rappresentanti – l’organo legislativo di Tobruk – che ha dichiarato di sostenere il Consiglio di presidenza solo nei giorni scorsi. In precedenza Saleh aveva criticato l’esito dei negoziati, durati un anno e mezzo, e al momento della firma dell’intesa – lo scorso 17 dicembre a Skhirat, in Marocco – si era notata la sua assenza.
Il compito del negoziatore, però, è arduo. Dai negoziati di Tunisi deve uscire una lista di 22 ministri, 44 vice – in modo da non scontentare nessuna delle tre province storiche della Libia: Tripolitania, Cirenaica e Fezzan – e 17 rappresentanti istituzionali di varia qualifica, tra cui il capo della Banca centrale e quello dell’Agenzia per il petrolio. La nuova scadenza, come detto, è stata fissata per martedì, quando a Roma si terrà un vertice fra gli stati disposti a contribuire alla stabilizzazione della Libia. Come si può immaginare facilmente, la via dell’accordo è irta di ostacoli.
Secondo il sito d’informazione Alwasat.ly, a Tunisi sarebbe emersa una divergenza di opinioni sulla nomina del ministro degli Esteri fra Sarraj e uno dei suoi vice, l’indipendente Ahmed Maetig. E oggi si è autosospeso un altro componente del Comitato di presidenza, il rappresentante della Cirenaica Ali al-Qatrani, affermando che il Comitato “non accoglie le richieste dell’est della Libia”.
Un altro punto dolente delle trattative di Tunisi, secondo indiscrezioni, sarebbe il futuro di Khalifa Haftar, il carismatico generale dell’Esercito nazionale libico, la coalizione di milizie che sostiene il governo di Tobruk. I sostenitori di Haftar, secondo quanto ha rivelato un “falco” di Tobruk ad Alwasat.ly, avrebbero formato una fronda all’interno dello stesso Consiglio di presidenza per riconfermarlo alla testa delle milizie, soluzione inaccettabile per diversi rappresentanti del governo di Tripoli, la cui sicurezza è invece affidata ai miliziani di Fajr Libya. Sia o no legata all’autosospensione di Qatrani, in ogni caso questa indiscrezione evoca lo scenario indesiderabile di un’ennesima paralisi istituzionale.
Proprio la frammentazione del potere militare sul territorio libico, con i “signori della guerra” sostanzialmente liberi di perseguire una propria agenda, prestare e ritirare il proprio sostegno ai governi rivali, rappresenta una delle maggiori incognite sul futuro del paese nordafricano. Diversi analisti citati da al-Jazeera si dicono scettici che il governo di Fayez al-Sarraj riesca a unificare la Libia anche dal punto di vista militare.
F.M.R.
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento.
Δ
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
© Copyright 2020 - Scelgo News - Direttore Vincenzo Cirillo - numero di registrazione n. 313 del 27-10-2011 | P.iva 14091371006 | Privacy Policy