Anche l’Italia parteciperà ai raid contro l’ISIS in Iraq. Lo sostiene un articolo pubblicato oggi dal Corriere della Sera, in cui si afferma che sarebbe stato il governo di Baghdad a chiedere aiuto a Roma.
L’indiscrezione arriva proprio nel giorno in cui il segretario alla Difesa USA, Ash Carter, è in Italia per una visita-blitz che ha toccato la base NATO di Sigonella e poi Roma.
Il ministero della Difesa non smentisce, ma precisa: “sono solo ipotesi da valutare assieme agli alleati e non decisioni prese che, in ogni caso, dovranno passare dal Parlamento”. Ipotesi che in parte contraddicono quanto promesso non più tardi della settimana scorsa dal premier Matteo Renzi: in occasione della sua visita all’Assemblea generale dell’ONU, il primo ministro aveva ribadito che l’impegno dell’Italia nella coalizione non avrebbe comportato il ricorso ai bombardamenti.
Una conferma parziale arriva invece dal presidente della commissione Difesa del Senato, Nicola Latorre: “Ci è stata fatta una richiesta in tal senso”, ha detto Latorre, “il Governo dovrà valutare questi aspetti e soprattutto preventivamente informare il Parlamento”.
L’Italia fa parte della coalizione internazionale a guida USA che combatte contro i jihadisti in territorio iracheno, e l’hanno scorso ha inviato sul posto quattro cacciabombardieri Tornado, che però finora hanno solo compiti di ricognizione; il nostro impegno in Iraq comprende anche l’addestramento di reparti speciali e la fornitura di armi e altro equipaggiamento ai peshmerga curdi.
L’ambasciatore iracheno in Italia, Saywan Barzani, ha avuto parole di apprezzamento per quello che le nostre forze armate già fanno nel suo paese, ma si è premurato di ricordare che “tutti quelli che possono contribuire a bombardare l’ISIS sono benvenuti”.
Sul fronte siriano del “Califfato”, intanto, continuano gli “incidenti” fra caccia turchi e russi.
Ieri il segretario generale NATO, Jens Stoltenberg, aveva accusato i jet russi di sconfinare di proposito nello spazio aereo turco. Oggi il copione si è ripetuto: otto MiG-29 turchi di pattuglia lungo il confine si sono trovati inquadrati dai sistemi di puntamento di altri aerei dello stesso modello. Lo stesso modello dei cacciabombardieri russi che compiono raid contro l’ISIS – e gli oppositori al regime di Bashar al-Assad – oltreconfine, in Siria.
“Per noi non è stato un incidente, ma una violazione grave”, ha detto ieri Stoltenberg a margine del Consiglio atlantico straordinario: la violazione dello spazio aereo turco è “inaccettabile”. Lo statuto della NATO – di cui la Turchia fa parte dal 1952 – imporrebbe a tutti gli stati membri, Italia compresa, di partecipare a eventuali contromisure.
Ankara ha presentato proteste ufficiali al più alto livello: il ministro degli Esteri Feridun Sinirlioğlu ha chiamato il suo omologo russo Sergej Lavrov e il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha convocato l’ambasciatore Andrej Karlov per annunciargli la sua intenzione di prendere contromisure qualora gli incidenti continuassero.
Dai contatti fra Sinirlioğlu e i suoi colleghi della NATO, fra cui l’italiano Paolo Gentiloni, è emerso che sotto accusa è l’intera operazione militare russa, definita nei giorni scorsi “un grave errore” da Erdoğan. A preoccupare gli alleati è anche la decisione di non concentrarsi sull’ISIS, ma colpire tutti i nemici di Assad, compresi quelli che combattono i jihadisti, alcuni dei quali ricevono sostegno economico e materiale dall’Occidente.
Per questo ieri Stoltenberg aveva chiesto ufficialmente alla Russia, per “evitare tensioni con la NATO”, di sospendere immediatamente “gli attacchi contro l’opposizione siriana ed i civili”.
Per gettare acqua sul fuoco, oggi il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha dichiarato che il governo russo non sosterrà i volontari che nei giorni scorsi avevano annunciato di voler combattere in Siria a fianco di Assad. Peskov, però, ha ribadito che i bombardamenti hanno per obiettivo “i gruppi terroristici ed estremisti” che nel paese sono presenti “in quantità enorme”.
Oggi invece il viceministro della Difesa di Mosca, Anatolij Antonov, si è detto pronto a lavorare “con qualsiasi Stato interessato” a risolvere il problema degli “equivoci”.
F.M.R.
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