Soltanto quattro delle quarantaquattro domande che i giudici volevano fare a Napolitano sono rimaste out: ma, alla fine, la tanto contestata audizione del Capo dello Stato sulla trattativa Istituzioni-mafia si è tenuta. Al Colle, dalle 10 alle n13.35 pausa compresa. Fatto unico nella storia della Repubblica, destinato a rinfocolare polemiche e dubbi con i loro inevitabili strascichi politici.
I magistrati della Corte d’Assise di Palermo, affiancati da pm ed avvocati delle parti, si sono recati stamattina intorno alle 10 al Quirinale, nella Sala del Bronzino, dove hanno avuto modo di ascoltare Giorgio Napolitano su fatti risalenti agli inizi degli anni 90, quando la ‘cupola’ di Totò Riina decise il salto di qualità per portare l’attacco al cuore dello Stato attraverso stragi ed omicidi eccellenti.
Napolitano è stato dunque ascoltato per quasi due ore in quanto, a giudizio degli inquirenti, persona informata dei fatti su quanto accadde 23 anni fa quando lo Stato attraverso alti ufficiali dei carabinieri avrebbe portato avanti una trattativa con le organizzazioni mafiose.Ed è così che sul banco degli accusati con il generale Mori è finito anche l’ex presidente del Senato ed ex ministro degli interni Nicola Mancino, mentre dalle carte dei giudici risulterebbe aver svolto un ruolo attivo anche l’ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.
Una brutta storia sulla quale ora i giudici di Palermo, tra non poche difficoltà, hanno deciso di fare luce, arrivando anche ai vertici delle istituzioni. Scelta quest’ultima che ha provocato non poche polemiche soprattutto quando l’ex presidente del Senato Mancino aveva cercato sponda, ma molto più probabilmente protezioni al Quirinale, per non essere coinvolto in una sconcertante trattativa nella quale ha svolto un ruolo del quale risponde ora davanti alla magistratura.
Il Quirinale ha fatto sapere che Napolitano “ha risposto alle domande senza opporre limiti di riservatezza connessi alle sue prerogative costituzionali né obiezioni riguardo alla stretta pertinenza ai capitoli di prova ammessi dalla Corte stessa. Il Quirinale “auspica che la Cancelleria della Corte assicuri al più presto la trascrizione della registrazione per l’acquisizione agli atti del processo, affinché sia possibile dare tempestivamente notizia agli organi di informazione e all’opinione pubblica” dell’udienza.
“La Corte – riporta Cianferoni – non ha ammesso la domanda più importante, quella sul colloquio tra il presidente Napolitano e l’ex presidente Oscar Luigi Scalfaro quando pronunciò il famoso “non ci sto!”. Il presidente – ha detto ancora il legale di Riina – ha tenuto sostanzialmente a dire che lui era uno spettatore di questa vicenda. Il capo dello Stato – riporta infine Cianferoni – ha consultato delle carte durante la deposizione: lui ha avuto modo di avere quelle carte che il 15 ottobre sono arrivate dai pm di Firenze e che a noi parti private hanno richiesto una certa attività. Questo un teste normale non può farlo”.
In alcuni casi Napolitano si è avvalso della facoltà di non rispondere in base alle prerogative del Capo dello Stato. “La parola ‘trattativa’ – ha riferito un legale della difesa – non è mai stata usata”. Nel corso della deposizione – ha detto Giovanni Airò Farulla, avvocato del Comune di Palermo – Napolitano ha riferito che, al’epoca, non aveva mai saputo di accordi” tra apparati dello Stato e Cosa nostra per fermare le stragi.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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