Chiusura dei negozi la domenica. La crociata che Luigi Di Maio porta avanti da quando era ministro dello sviluppo economico nel precedente governo giallo verde, è uno dei provvedimenti sui quali i Cinque Stelle puntano ancora oggi e sul quale l’accordo con il Pd è di là da venire. Sul tema la divergenza tra le due forze di maggioranza resta. Ma per Di Maio sembra potersi appianare, tanto che il capo politico pentastellato annuncia che il prossimo obiettivo è quello di portare avanti questa battaglia all’interno del governo per evitare che i negozi siano aperti «12 ore al giorno e 7 giorni su 7». D’altra parte, stando alle ultime dichiarazioni d’intenti sull’argomento – ora che riveste il ruolo di ministro degli esteri non passa occasione per ricordare il suo passato al dicastero del lavoro: così rivendicando il decreto dignità e il decreto riders annuncia la prossima battaglia del Movimento per un freno alla liberalizzazione nel campo del commercio – il M5S punta a 26 chiusure festive in un anno mentre i Dem chiedono di non superare le 8 chiusure.
Come si farà a mettere d’accordo le due linee? Difficile fare previsioni.
Nel frattempo vediamo come funzionano le chiusure domenicali dei negozi negli altri Paesi europei, attingendo ai dati Eurofond, l’agenzia Ue per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro.
La regolamentazione nel Vecchio Continente sugli orari di apertura nella giornata festiva è molto eterogenea.
Negli anni, si è assistito a un trend generale di maggiori liberalizzazioni – come avvenuto in Italia – ma alcuni Paesi sono andati nella direzione opposta. A livello generale, spiega Eurofond, non esistono regolamentazioni comunitarie sulle aperture nei weekend.
La Working Time Directive del 1993 – che adottava «prescrizioni minime relative a taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro legati alla salute e alla sicurezza dei lavoratori» – aveva stabilito che in linea di principio il riposo minimo settimanale per un lavoratore dovesse comprendere la domenica.
Ma nel 1996 questo aspetto era stato contestato dalla Corte di giustizia della Ue, in quanto il legislatore europeo non aveva spiegato perché proprio la domenica fosse maggiormente collegata con la salute e la sicurezza del lavoratore. Così, nella Working Time Directive del 2003 non era più presente alcun riferimento alla domenica. Nonostante l’eterogeneità normativa in materia, sulla base delle elaborazioni aggiornate al 2018 della Commissione Ue è possibile raggruppare gli Stati membri in quattro categorie, a seconda delle loro leggi sui vincoli per gli orari di apertura. Vediamo quali sono.
Nessuna restrizione
Nell’Ue, sono 12 i Paesi che non hanno restrizioni sugli orari di apertura dei negozi (settimanali e domenicali). Oltre all’Italia, in questo gruppo troviamo Bulgaria, Croazia, Estonia, Finlandia (completa liberalizzazione nel 2016), Ungheria (che nel 2016 ha cambiato idea su una legge del 2015, che proibiva le aperture domenicali), Irlanda, Lettonia, Lituania, Portogallo (completa liberalizzazione nel 2015), Slovenia e Svezia.
Libertà con poche e limitate eccezioni
In quattro Stati membri – Repubblica Ceca, Danimarca, Romania e Slovacchia – i negozianti possono scegliere liberamente gli orari di apertura, fatta eccezione per alcuni giorni di festività pubbliche.
Aperture domenicali regolamentate
Francia, Germania, Regno Unito e Polonia hanno invece una specifica regolamentazione solo sugli orari di apertura domenicali. Per esempio, in Francia i negozi di alimentari possono rimanere operativi di domenica, ma non oltre l’una del pomeriggio. In più, le aperture sono limitate a 12 domeniche l’anno.
Nel Regno Unito, invece, non ci sono limitazioni di apertura per i piccoli negozi (fino a 280 metri quadri), mentre i negozi più grandi possono commerciare di domenica tra le cinque e le sei ore (in Scozia non ci sono restrizioni).
La Germania ha una delle leggi più restrittive in materia che, salvo poche eccezioni, non consente le aperture domenicali.
La Polonia ha introdotto una legge per regolamentare gradualmente gli orari di apertura domenicali, consentendo ai commercianti di restare aperti una domenica al mese nel 2019, fino ad arrivare a una completa restrizione nel 2020.
Aperture, domenicali e non, regolamentate
Infine, sono otto gli Stati membri – Austria, Belgio, Cipro, Grecia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi e Spagna – che hanno norme per regolare in maniera dettagliata gli orari di apertura sia durante la settimana sia durante il weekend.
Ricapitolando: secondo i dati della Commissione Ue aggiornati al 2018, 12 Stati membri su 28 non hanno alcuna restrizione sugli orari di apertura settimanali – e di conseguenza domenicali – per gli esercizi commerciali e altri quattro Stati hanno poche e limitate eccezioni. L’Italia è l’unico grande Paese che rientra in questo gruppo.
I restanti 12 Stati membri (tra cui Francia, Germania, Regno Unito e Spagna) hanno regolamentazioni sugli orari di apertura domenicali, ognuno con le proprie specificità.
In conclusione Il cosiddetto “decreto Salva Italia” del 2011 ha di fatto liberalizzato gli orari di apertura degli esercizi commerciali in Italia, generando negli anni successivi un dibattito sulla necessità o meno di introdurre specifici limiti sulle aperture domenicali.
Se in Europa non esistono regole comunitarie applicabili ai singoli Paesi e nel continente la situazione è variegata, Per l’Italia quale sarà la scelta possibile? Cancellare il ‘diritto’ allo shopping anche il giorno di Natale, Pasqua e festivi, oppure lasciare la soluzione di questa materia alla contrattazione tra aziende, sindacati, enti locali? In ogni caso, serve una legge.
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