Nel nuovo parlamento francese la fa da padrone Emmanuel Macron. Anche se i numeri della vittoria sono inferiori al previsto, le elezioni si concludono con un uomo solo al comando: il presidente.
A urne chiuse la maggioranza presidenziale, schierata al centro, conquista 350 seggi sui 577 dell’Assemblea nazionale, quanto basta per governare in tutta comodità (il quorum per la maggioranza semplice è a 289). Di questi, 308 vanno al movimento La République En Marche! del presidente, 42 al Movimento democratico, centrista in senso più tradizionale, dell’alleato François Bayrou.
Alle spalle della maggioranza resiste la coalizione di centrodestra, che a dispetto di divisioni, scandali e numerosi cambi di casacca conserva 137 seggi, 92 in meno dell’emiciclo uscente. I Républicains avranno 113 rappresentanti: è il loro peggior risultato di sempre, ma sono pur sempre “la prima opposizione”, come rimarca il leader ad interim François Baroin.
Al centrosinistra, infatti, è andata ancora peggio: è passato da 287 deputati a 44. Ieri sera, prima di dimettersi, il segretario nazionale Jean-Christophe Cambadélis non ha nemmeno aspettato le proiezioni degli esiti del voto. Tutto quel che si può dire di buono sul conto dei socialisti è che sono riusciti a contenere il tracollo e a restare terza forza in Parlamento, un obiettivo misero rispetto alla tradizione, e ora si impone un ripensamento profondo del ruolo del partito nella società.
All’estrema sinistra ha di che festeggiare La France Insoumise: il partito di Jean-Luc Mélenchon ha vinto 17 ballottaggi, pari ad altrettanti seggi, e potrà costituire un gruppo parlamentare a sé (il numero minimo di deputati per farlo è 15). Impresa che non riesce al Front National di Marine Le Pen, che tuttavia, per la prima volta dopo due sconfitte, ha vinto il suo seggio a Palais Bourbon. Il contingente del partito euroscettico e nazionalista sarà di otto deputati: oltre alla Le Pen ce l’ha fatta anche il suo compagno, Louis Aliot, mentre è rimasto fuori il suo rivale Florian Philippot.
Complice la bella giornata di sole, ma anche il disinteresse di una parte della società e la sufficienza di alcuni sostenitori di Macron convinti di aver già stravinto, l’astensionismo ha fatto segnare un nuovo record, con il 56%, battendo quello fatto segnare al primo turno.
“I francesi hanno preferito la speranza alla rabbia”, commenta il premier Edouard Philippe. “Oggi non è una vera vittoria”, dice il ministro dei rapporti con il Parlamento Christophe Castaner: “La vera vittoria sarà tra 5 anni, quando le cose saranno davvero cambiate per la Francia”.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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